lunedì 8 febbraio 2010

L.

Lo chiamavo l’”Innominato” non perché somigliasse al personaggio manzoniano, ma semplicemente perché i suoi genitori non riuscivano a mettersi d’accordo sul nome.

Alla fine ce l’hanno fatta e ora L. guarda sonnacchioso dalla sua piccola culla dell’ospedale il mondo confuso ed annebbiato che lo circonda. Notti in bianco, cibi lasciati a bruciare nella pentola perché il bagnetto con le paperette si è protratto un po’ troppo a lungo, mesi ad attendere con impazienza i primi passi e le prime parole (pa-pa…"Ha detto papà!!!", esclama orgoglioso il papà…"Guarda che stava indicando la palla", gli risponde la mamma con un sorrisetto…) e poi, quando finalmente il vocabolario si è arricchito, altrettanti mesi ad insegnargli a stare in silenzio quando parlano i grandi…(che ironia!).

E poi ancora i piccoli litigi quotidiani con la sorellina, le piccole cadute al parco e tutti i piccoli gesti che diventano talmente quotidiani al punto che i genitori si chiedono “Ma come era la nostra vita…prima?”
L. e il miracolo della vita: perché da qualunque parte la si guardi, credenti, atei o agnostici, questo è proprio un miracolo.

1 commento:

Lisa ha detto...

Un piccolo miracolo, un caso di matematica paradossale, l'amore che, diviso per due, anziché diminuire aumenta all'infinito!
...Grazie Beth...