giovedì 24 marzo 2011
Auguri dottoressa!
martedì 22 marzo 2011
Il "diverso" secondo A.
Il primo aspetto che la madre di A. notò la prima volta che vide Waybuloo, serie prescolare trasmessa sul canale inglese CBeebies e proposta ora anche sul canale digitale terrestre Rai Yoyo, è che tra i bimbi protagonisti della serie ve ne sono alcuni che appartengono a minoranze etniche: bimbi di colore, bimbi con caratteri asiatici, bimbi ispanici.
A, invece, avvicinandosi allo schermo, indicò immediatamente il bimbo di colore e cominciò a salutarlo con la mano. Per lui quel bimbo di colore doveva senz’altro essere amico di L. il bimbo etiope, suo compagno di giochi in ludoteca, quello che ogni settimana gli mostra orgoglioso i suoi leoni e le sue giraffe. Per A, L. ha molti parenti ed amici: sono quelli che vede ogni giorno sull’autobus, per strada e anche in tv, ad esempio quando il papà vede i goal del giocatore del Camerun Etò.
martedì 15 marzo 2011
Scandalo in Finlandia: il premier corrotto con televisori e stereo?
“Scandalo in Finlandia: il premier (…), numerosi politici e alti funzionari dello Stato hanno accettato “graziosi omaggi” da parte di una fabbrica di radio e televisori che aveva impiantato una contabilità da essi stessi definita “all’italiana”: fatturava un apparecchio sì e uno no risultando sempre in perdita e ottenendo così notevoli sovvenzioni da parte del governo”.
Triste constatare che già nel lontano 1978 l’Italia faceva scuola in quanto ad evasione fiscale, come testimonia questo articolo di Walter Rosboch pubblicato su “La Stampa” del 10 settembre 1978. Ma, secondo quanto riportato dall’articolo, la storia non terminava qui: con i suoi protettori politici la fabbrica “era generosa in inviti a viaggi all’estero e a cene che i revisori fiscali hanno definito “orge”. (…) Le spese per caviale, champagne e fanciulle volonterose (allora le chiamavano così, ndr.) venivano regolarmente contabilizzate, questa volta “alla finlandese” e contribuivano ampiamente ad aumentare il deficit di gestione”.
Aggiornamento (marzo 2011): come testimoniano gli articoli comparsi sui quotidiani nelle ultime settimane, dal 1978 l’Italia ha fatto progressi, estendendo la sua esperienza anche alla contabilità delle “fanciulle volonterose”….
domenica 13 marzo 2011
Giornalisti e "pirati"...
Continua il confronto-scontro tra l’editoria tradizionale e il mondo dei social media. Questa volta i protagonisti sono il chief editor del New York Times, Bill Keller, e Arianna Huffington dell’Huffington Post (recentemente acquisito dal colosso AOL).
Keller, nell’articolo pubblicato il 10/03*, contrappone coloro che pubblicano contenuti originali (quelli che egli considera i veri giornalisti) a coloro che, egli sostiene, si limitano ad aggregare contenuti (contenuti di qualità prodotti dai media tradizionali, contenuti propri di dubbia qualità, contenuti prodotti da blogger non pagati). Keller identifica nell’Huffington Post l’esempio più evidente di questa deprecabile tendenza all’aggregazione, che egli considera di fatto un vero e proprio atto di “pirateria” nei confronti dei contenuti prodotti dagli editori tradizionali.
La risposta puntuale della Huffington a tale critica, pubblicata sul sito lo stesso giorno**, ripercorre l’evoluzione compiuta dall’Huffington Post ed offre diversi spunti di riflessione sul rapporto tra media tradizionali e social media:
Per quanto riguarda i contenuti, se è vero che il sito può contare sul lavoro (in termini di scrittura di post/articoli) di molti blogger non pagati, tuttavia, uno staff sempre più nutrito di giornalisti professionisti (e pagati) produce ogni giorno contenuti editoriali originali, Il sito, inoltre, come molti altri, paga le agenzie stampa (Reuters, ecc.) per pubblicarne i contenuti. Infine, molti quotidiani, attratti dall’audience crescente che il sito conquista, contattano quotidianamente l’Huffington Post per proporre contenuti da pubblicare. In questo senso si può affermare che il sito si è via via avvicinato al modello di produzione di contenuti di qualità che è al centro dell’attività di un editore tradizionale.
Contemporaneamente, e questa è la chiave del successo del sito, l’Huffington Post ha continuato a rafforzare le modalità di interazione e di coinvolgimento con i propri lettori: 1) i lettori possono agevolmente commentare gli articoli e contribuire attivamente, come comunità, ad assicurare che i commenti rispettino le regole di buon comportamento, insieme con i moderatori ufficiali del sito (elemento, questo che rende il sito più attraente per i pubblicitari); 2) sinergie sono state create tra la comunità dell’Huffington Post e quelle di Facebook e Twitter; 3) i lettori hanno la possibilità di pubblicare sul sito i propri post: inoltre essi hanno la possibilità di determinare una gerarchia degli autori dei post (in termini di numero di followers, ecc.).
Grazie a questa politica, oggi il sito può vantare, accanto agli articoli dei propri giornalisti, contributi di una molteplicità di soggetti (semplici cittadini, politici, professori universitari, ecc.), che contribuiscono alla ricchezza di contenuti del sito e che per tale attività non percepiscono alcun onorario (l’esposizione”, intesa come la possibilità di comunicare le proprie opinioni ad un pubblico molto vasto come quello dell’Huffington Post, costituisce per questi soggetti la ragione primaria che li spinge a scrivere).
Curiosamente, una maggiore apertura agli strumenti dei social media è quanto auspicato anche da diversi lettori del New York Times che pure condividono molte delle osservazioni di Keller.
Anche in Italia il dibattito è acceso: e se è vero che gran parte delle notizie che vengono commentate in rete è originata dai media tradizionali, tuttavia, spesso, i dibattiti più interessanti che ne seguono si svolgono in sedi diverse da quelle dei giornali tradizionali (ad es. su blog tematici che grazie all’autorevolezza dei propri autori riescono a catturare l’attenzione ed i commenti di altri professionisti, creando di fatto comunità molto attive che danno vita a dibattiti di grande vivacità).
Siti come l’Huffington Post, che riescono ad aggregare bene i contenuti di qualità di giornalisti professionisti con quelli di lettori non professionisti, creando un prodotto editoriale che genera audience sempre più elevate e fidelizzate, diventano sempre più interessanti per gli investitori pubblicitari. La resistenza di molti giornali (e spesso degli stessi giornalisti) ad aprirsi al mondo dei social media, a cercare nuove strade, puntando sull’innovazione del prodotto editoriale, rischia di prolungare la crisi che il mondo dell’editoria tradizionale sta attraversando.
I social media non possono vivere senza i media tradizionali, ma a loro volta i media tradizionali possono trarre giovamento dall’utilizzo degli strumenti dei social media. L’errore sta nel continuare a vedere questi mondi come realtà contrapposte, anziché come realtà complementari.
*Bill Keller, “All the Aggregation That’s Fit to Aggregate" http://www.nytimes.com/2011/03/13/magazine/mag-13lede-t.html
domenica 6 marzo 2011
Agli amici de "Ilportapenne"
Cari amici de “Il portapenne”, mettetevi comodi perché questo post è un po’ più lungo di quelli che di norma leggete su questo blog.
Nella vita di ogni blog, inesorabile, arriva un momento nel quale è necessario fare il punto della situazione. Siamo partiti nel 2008, spinti da una grande voglia di sperimentare questo strumento di comunicazione. Sin dall’inizio abbiamo cercato di coinvolgere diverse persone nella redazione dei post, convinti che questo avrebbe arricchito i contenuti del blog, garantendo non soltanto una maggiore varietà di argomenti, ma anche la presenza di opinioni e punti di vista diversi.
Alcuni di voi sono riusciti a trovare il tempo di contribuire scrivendo qualche post; altri, segnalando argomenti di potenziale interesse per un post; altri ancora, pur non commentando o scrivendo direttamente, ci hanno letti quotidianamente. A voi tutti il nostro sincero grazie.
Il mondo della comunicazione sta evolvendo rapidamente ed è evidente che i paradigmi di un tempo sono cambiati: sempre più sovente è proprio in rete, e spesso proprio nei blog, che si assiste a scambi di opinioni vivaci e proficui…Non solo, ma curiosamente, se le notizie dei media tradizionali, ed in particolare quelle dei quotidiani, continuano ad ispirare molti dei commenti che trovate in rete, i commenti più interessanti ( e più civili) non si trovano negli spazi che i quotidiani nazionali hanno aperto alla discussione, ma sui blog di normali cittadini.
Le strade percorse sono diverse: taluni hanno creato blog tematici, altri, blog che si indirizzano ad un target specifico (es: quelli, molto numerosi, delle mamme), altri ancora hanno fatto del blog il proprio diario personale.
“Il portapenne” è invece stato sin dall’inizio “generalista”, un contenitore di generi vari, principalmente per l’incapacità ,da parte di chi vi scrive, di rinchiudersi dentro uno spazio troppo ben definito e per la tendenza a privilegiare lo sguardo a tutto campo, spaziando dai temi più seri a quelli di puro intrattenimento.