mercoledì 28 luglio 2010

Quando il blog va in vacanza

Fine luglio: si preparano le valigie per la partenza. E il blog? Come l’orsetto di Mr. Bean o la coperta di Linus, anche il blog va in vacanza, seguendo la famiglia.

Questo non vuol dire che rimarrà inoperoso durante tutto il periodo vacanziero: perché sotto l’ombrellone, le cellule celebrali rigenerate - si spera - dall’aria salubre del mare dopo mesi di ammorbamento lavorativo, potranno concepire nuove idee e pensieri da condividere con tutti i lettori de “Ilportapenne”.

La connettività non mancherà...come ormai tutti sappiamo, grazie al bombardamento pubblicitario dell’Internet a metà prezzo, dei delfini e del T Rex, tutti avremo la possibilità di rimanere collegati. Unico problema…devono ancora inventare il PC portatile e lo smartphone completamente impermeabilizzati da portare in acqua, che ci consentiranno di inviare mail dagli abissi marini. Poco male…così potremo continuare a ridere di quelli che, per non rinunciare a sfoderare in spiaggia lo smartphone di ultima generazione di fronte a tutti i conoscenti se lo infileranno nel costume, dimenticandosi poi inesorabilmente di toglierlo prima di andare a fare il bagno…bip bip…blup…blup

martedì 20 luglio 2010

Perché...Men AND Women Do it better

Interessante spunto di riflessione dal libro "Rivoluzione Womenomics", del quale abbiamo già avuto modo di parlare in post precedenti (vd. riferimenti in fondo al post).

“I giovani ed ambiziosi maschi che avanzano nella carriera come rulli compressori paiono dotati per virtù innata di raffinate capacità di manovra in questo labirinto (il labirinto aziendale, NDR). Sono costoro ad avere la “politica” aziendale innestata direttamente nei propri geni oppure è il labirinto organizzativo a essere costruito in modo congruente con le modalità di interrelazione, di competizione e di manovra di questi giovani ambiziosi?”*

Detto altrimenti, quello che le autrici sostengono è che le dinamiche che guidano oggi le imprese nel loro modo di gestire le persone e di valutarle, sono di fatte basate su concetti permeati su modelli di comportamento maschile, che dunque tendono ad avvantaggiare gli uomini. Intendiamoci: qui non c’entrano solo il discorso della maternità e della conciliazione vita/lavoro. C’entra il fatto che le donne hanno la tendenza a costruire, anche quando sono in posizione di leadership, delle strutture di lavoro diverse, meno gerarchiche e più collaborative, sono meno propense all’autopromozione, tendono ad essere guidate da valori in parte diversi da quelli che motivano gli uomini (vd. l’importanza del riconoscimento del valore per il lavoro fatto e l'importanza del concetto di fare la differenza sul lavoro, promuovendo ciò che ci ritiene importante più che concetti quali il denaro e la posizione) e tendono a sottovalutare le proprie capacità mentre gli uomini tendono a fare l’opposto. Inoltre le donne sono meno coinvolte in quelle regole di condotta non scritte che spesso favoriscono l’avanzamento di carriera all’interno delle aziende (es: il fatto che gli uomini si ritrovano spesso in contesti informali anche fuori dal lavoro, tessendo relazioni che si rivelano poi utili per progredire all’interno dell’azienda).

Riconoscere queste differenze, ossia il fatto che le donne hanno motivazioni di carriera, modelli di organizzazione del lavoro e stili differenti di comunicazione da quelli della maggioranza maschile al vertice delle imprese (non pretendendo che le donne si adeguino agli stili e ai modelli maschili attuali) rappresenta un passo importante verso lo sfruttamento di quel talento femminile che, come dimostrano i tanti casi citati dalle autrici, può portare significativi vantaggi alle aziende in termini di business.

Qualcuno (che non si è soffermato a leggere con attenzione il libro) probabilmente concluderà che si tratta del solito libro femminista…a me sembra invece che il messaggio sia un altro…parafrasando un motto inglese, “Women don’t do it better…men AND women do”…

*A. Wittenberg-Cox e A.Maitland, Rivoluzione Womenomics, Gruppo24Ore, Milano, p. 257.

martedì 13 luglio 2010

Il P.C.P.(Piccolo Consumatore Padano)

Il P.C.P., Piccolo Consumatore Padano, inizia presto la propria carriera.

A 2 anni, tra le bancarelle del mercato,il P.C.P. aggira con destrezza quelle che non sono di suo interesse dirigendosi speditamente, come guidato da radar, verso il banchetto del panettiere. Questi gli allungherà il grissino-tangente, consapevole che il P.C.P., con il suo gesto, gli ha garantito l’incasso familiare giornaliero, avendo portato sul luogo del misfatto la madre che qui sarà indotta, per riconoscenza, o semplicemente per disperazione, ad acquistare la dose prevista di pane, focaccia, ecc.

In centro, paseggiando per le vie della città, il P.C.P. trascinerà la madre dentro tutti i centri commerciali/grandi magazzini, dando prova di una sconosciuta abilità nel salire e scendere le scale mobili e nel dirigersi, ancora una volta senza esitazione alcuna, verso ben determinati reparti, soprattutto quelli di tipo tecnologico, dotati di grandi schermi tv, hi-fi, ecc….(curiosamente, mete preferite dell’altra metà maschile della famiglia)…

Passeggiando lungo le vie del quartiere, il P.C.P. svolterà all’angolo, dirigendosi fiero ed impettito verso il supermercato di zona: qui, impossessatosi del carrellino rosso (del quale evidentemente conosce bene la collocazione sotto le casse), procederà con grande sicurezza tra le file degli scaffali, mostrando una curiosa tendenza ad essere attratto dalle grosse scritte colorate, soprattutto da quelle che riportano la dicitura “offerta speciale” (curiosamente, altro elemento in comune con l’altra metà maschile della famiglia).

Che cosa fare di fronte a tutto questo? Consolarsi con le statistiche, che dicono che, seppur con differenze da paese a paese, attualmente sono le donne, e NON gli uomini, a controllare la maggior parte del valore globale dei consumi (a titolo di esempio il 73% delle decisioni di acquisto sarebbe ascrivibile alle donne negli USA, il 67% in Francia, il 59% in Italia, il 57% in Spagna, il 48% in Cina)* e che l’influenza delle donne su questo aspetto dell’economia è destinato ad aumentare ancora, grazie anche ad una sempre maggiore presenza di donne istruite nel mondo del lavoro con guadagni mediamente superiori a quelli attuali, al punto che “fra vent’anni in America le donne guadagneranno mediamente di più degli uomini”**.

Della serie…cari uomini approfittatene finché siete piccoli…perché in materia di consumi decidono, e decideranno sempre di più...le donne!

*Fonte: studio di Boston Consulting Group citato in Economy, 14 luglio 2010, p.52. Una sintesi dello studio si trova qui: http://www.womenwantmorethebook.com/documents/file21481.pdf.

**Fonte: M. J.Silverstein, vicepresidente di The Boston Consulting Group, citato in A. Wittenberg-Cox e A.Maitland, Rivoluzione Womenomics, Gruppo24Ore, Milano, p. 79.

giovedì 8 luglio 2010

Le avventure del P.P.P (Piccolo Pendolare Padano): l’estate è arrivata

La P.S.U (Piccola Sveglia Urlante) del P.P.P (Piccolo Pendolare Padano) si attiva alle 5.00. “Uéh…ueh…”. Il P.P.P rotola giù dal letto e attraversa il lungo corridoio (che in realtà è breve, ma che al P.P.P che ha dormito poco - causa sauna notturna a 30 gradi costanti - sembra più lungo dei tapis roulant dell’aeroporto). Carezza e frase d’ordinanza: “Tranquillo, va tutto bene, continua a dormire”…e il P.P.P si rituffa nel letto.

“Ueh Ueh“…il P.P.P. ri-rotola giù dal letto percorrendo, questa volta a passo di bersagliere, il corridoio (lo spirito materno ha lasciato velocemente il posto ad un altro spirito, molto meno caritatevole).“Va tutto bene, continua a dormire…”. Ma la P.S.U non sembra convinta e… a ragione…Nel tentativo di trovare refrigerio la P.S.U ha attraversato il suo giaciglio fino alla parte opposta del letto…perdendo il ciuccio lungo il tragitto. “Oh, hai ragione ecco qui”: sistemato il tappo nell’apposita fessura, il P.P.P si ri-tuffa nel letto nella speranza di recuperare un po’ di sonno. Mah…ohibò, sono le 5,15 e il treno parte alle 6,59. Per la prima volta nella sua vita, il P.P.P ha dimenticato di inserire la sveglia (quella che non urla, ma che fa bip bip). Si vede che l’estate è arrivata.

All’edicola vicino alla fermata, l'edicolante Giulio è corrucciato e sbotta: “Non è possibile lavorare così…mi mandano 25 copie della “Settimana enigmistica” al posto delle 50 normali con la scusa che la gente è in vacanza…e io in 2 giorni ho già finito le copie. Le sembra giusto? Guardi quello che fanno con le enciclopedie…tempo fa c’era quella con la quale si costruiva il cucù…100 uscite..e alla 98esima hanno smesso di inviarmela…e i miei clienti ovviamente erano arrabbiati! Ci sono voluti mesi per avere i numeri mancanti!”. All’idea del cliente rimasto per mesi con la casetta finita senza il cucù il P.P.P si sente stringere il cuore…ma il tram sta arrivando e non c’è tempo per i sentimentalismi.

Alla stazione, in coda per salire sul treno, il P.P.P osserva una coppia di anziani appena saliti in vettura: lo sguardo terrorizzato, la ricerca affannosa di un altro posto. II. P.P.P non ha bisogno di spiegazioni: tira fuori dalla sua borsa la sciarpina e la maglia, che gli consentiranno (forse) di sopravvivere al lungo viaggio a 10 gradi nella ghiacciaia dell’interregionale di Trenitalia…anche se, bisogna dirlo, nonostante gli sforzi, l’effetto freddo sulla pelle e caldo fuori resterà, maledetta Trenitalia.

A proposito, oggi è anche il compleanno di F.: auguri!!! L’estate è proprio arrivata…

martedì 6 luglio 2010

Se i principi non bastano... allora facciamone una questione di efficienza economica

Dimentichiamoci per un attimo i principi di uguaglianza e parità tra uomini e donne secondi i quali i due sessi dovrebbero avere pari opportunità non solo in materia di accesso al mondo del lavoro, ma anche pari salario per le attività svolte e medesime opportunità di carriera.

La tesi della "womenomics", concetto introdotto da Kathy Matsui, analista di Goldman Sachs, è che una maggior integrazione delle donne nell’economia non risponde soltanto a principi di equità, ma anche a principi di efficienza economica. E’ infatti dimostrato che una maggiore partecipazione femminile al lavoro, oltre ad essere un potenziale fattore di sviluppo economico (con impatti significativi in termini di crescita del PIL), ha ripercussioni importanti e positive su questioni quali la sostenibilità delle pensioni (la maggiore partecipazione delle donne porta ad un aumento del numero degli occupati fra le persone in età lavorativa, riducendo il rapporto di dipendenza fra pensionati e lavoratori) e sull’invecchiamento della popolazione.

A questo proposito è importante sottolineare come la relazione tra maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro e minore fertilità, che si riscontrava nei decenni passati non è attualmente così presente. Se negli anni ’80 i livelli di fertilità erano maggiori laddove minore era l’occupazione femminile, negli anni 2000, i paesi con una minore occupazione femminile registravano una minore fertilità rispetto ai paesi con una maggiore occupazione femminile (vd. grafico*)
















Segno che il trade-off tra lavoro e fertilità non è inevitabile laddove si adottino, come è avvenuto in Francia e nei paesi nordici, specifiche iniziative volte ad incoraggiare sia il lavoro femminile, sia la fertilità (es: strutture statali e private che si occupano dei bimbi delle madri lavoratrici, disponibilità di congedi parentali, disponibilità di lavori part-time, ecc.) e che dunque il rapporto tra tasso di occupazione femminile/fertilità varia sensibilmente in funzione di precisi elementi sociali, economici, culturali e politici propri del paese analizzato.

Come emerge dal grafico, l’Italia è caratterizzata da scarsa partecipazione femminile al lavoro (da fonte ISTAT, in Italia nel 2009, meno del 50% delle donne di età compresa tra i 15 e 64 anni lavorava) e bassa natalità. In Italia l’età media della donna alla nascita ha superato 30 anni, una delle più alte d’Europa, ulteriore segno che la volontà di partecipare al mondo del lavoro da noi ha importanti ripercussioni (negative) sulla famiglia: inoltre, in Italia, la possibilità di conciliare lavoro e famiglia spesso si basa sull’apporto che strutture familiari (vd. i nonni) danno (un ulteriore elemento di fragilità se si pensa che questa situazione è destinata a cambiare anche a seguito dell’allungamento dell’età pensionabile).

Non solo, ma se le ricerche macroeconomiche sottolineano i benefici economici a livello di incrementi del PIL derivanti da una maggiore parità dei generi con riferimento all'occupazione (secondo alcuni studi, anche superiori al 10% per quanto riguarda la sola Europa), a livello microeconomico un numero sempre maggiore di studi evidenzia come la presenza, nelle aziende, a tutti i livelli, di gruppi di lavoro misti, apporti grandi benefici all’azienda in termini di produttività e risultati economici. Nonostante questo, la presenza delle donne ai più alti livelli rimane un miraggio nella maggior parte dei paesi (per quanto riguarda l’Italia “la composizione dei consigli d’amministrazione delle società del Mib30 mostra che su 466 cariche consiliari, soltanto undici sono ricoperte da donne”**).

Il mancato sfruttamento del capitale umano femminile è una situazione che dunque non ha giustificazioni…che la si guardi dal punto di vista dell’equità tra i sessi o dal punto di vista dell’efficienza economica…

*Fonte: D. Del Boca, Famiglia e Lavoro,http://www.amichediabcd.org/Intervento%20Daniela%20Del%20Boca%2023.06.07.doc.
**Fonte: D. Del Boca, Perché l'Italia ha bisogno di womenomics, 16/03/2010 (consultabile su http://www.lavoce.info/). Altri testi che trattano l'argomento in una prospettiva internazionale sono: A. Wittenberg-Cox e A- Maitland, Rivoluzione Womenomics, Gruppo24Ore, 2009 e vari paper dell'OECD, tra i quali, A, d'Addio e M. d'Ercole, Trends and Determinants of Fertility Rates, 2005.