mercoledì 23 dicembre 2009

Perché ognuno ha il proprio microcosmo

Chi vive in città lo sa bene…In fondo, per certi versi, la vita in città assomiglia a quella del piccolo paese. Ciascuno ha il proprio microcosmo, che regola e condiziona la vita quotidiana.
Il mio è affollato di alcuni personaggi:

C’è Massimo l’edicolante, che mi tiene ogni mese da parte la mia rivista preferita. Ogni volta che vado a ritirarla ho l’impressione che lui mi confonda con un’altra persona del quartiere che evidentemente acquista la medesima rivista. Ma alla fine poco importa…la rivista è sempre da parte

Poi c’è Myriam, che gestisce una piccola libreria all’angolo che ricorda quella del film “C’è posta per te”. Myriam non applica gli sconti delle grandi catene e non ha molti libri sugli scaffali. Ma questo per lei non è un problema: la sua clientela non cerca un libro. “Myriam, vorrei leggere un bel romanzo d’avventura…che cosa mi consigli”? Questa è la domanda alla quale Myriam deve avere sempre la risposta giusta. Il resto è secondario

Poi c’è Silvia: quando ci siamo trovate l’una accanto all’altra in un letto all’ospedale ci siamo guardate e ci siamo dette: “Ma noi ci conosciamo, vero?”. E come poteva essere diversamente? Silvia ogni settimana con grande perizia e velocità passa allo scanner tutti i prodotti della mia spesa nel GS della zona

Poi c’è Federica, che gestisce un piccolo negozio di oggetti di design. Alla domanda: “Mi scusi, ha presente quella ragazza, che ha tre bambini e il cane Tobia che viene spesso da lei?..Ecco, che cosa mi consiglia per lei per Natale?”…E Federica dispensa consigli che si rivelano sempre preziosi

Poi c’è Laura, che lavora al take-away sushi dal primo giorno di apertura. All’inizio faceva un po’ di confusione con le ordinazioni. Ora, appena sente la mia voce mi saluta e mi rivolge la fatidica domanda: “Il solito?”…

E infine c’è Mohamed, che dimenticate le sue origini marocchine, da vero Pautasso*, saluta le vecchiette alle quali ha appena venduto carote e patate al banchetto del mercato con un “Cerea Madamin”**…

Certo, nel mio quartiere vivono anche tante persone antipatiche e scortesi…ma di loro non mi curo, semplicemente le ignoro…perché loro non fanno parte del mio microcosmo
.

*Nota per i non "sabaudi": Pautasso è il Brambilla piemontese.
**Seconda nota per i non "sabaudi": arrivederci signora...

martedì 22 dicembre 2009

La memoria in un ciak

Ieri sera su RaiStoria si è parlato della strage compiuta a S.Anna di Stazzema, il 12 agosto 1944.
Come di consueto nei servizi di RaiStoria, il racconto dei fatti era corredato dalle testimonianze dei pochi, in questo caso pochissimi, sopravvissuti. Sentendole, mi sono tornate alla mente le voci dei sopravvissuti ai lager nazisti ascoltate a Mauthausen e Dachau.

Voci di persone che non ci sono più e che arrivano a noi grazie ad un nastro o un DVD che fermano nel tempo sensazioni/emozioni evitando che il passare degli anni le trasformi in “altre” realtà…come avviene quando raccontiamo un avvenimento…e ogni volta che lo raccontiamo aggiungiamo via via particolari arrivando alla fine a chiederci quale sia la versione “vera”.

Al termine del servizio di RaiStoria, lo storico presente in studio sottolineava come, venendo meno le testimonianze dei sopravvissuti, la nostra memoria storica si “costruirà” sempre di più in futuro sulle immagini, non solo su quelle dei documentari storici, ma anche, e soprattutto, su quelle dei film.

In un mondo sempre più dominato dall’immagine, toccherà dunque ai film costruire la memoria di questi eventi, aggiungendo al fatto storico, documentato dagli studiosi, la dimensione del sentimento, quel confine verso il quale lo storico non si spinge.
Una responsabilità enorme per chi dovrà resistere ad ogni ciak alla tentazione di raccontare altre storie, diverse da quelle vere….

mercoledì 16 dicembre 2009

Quelle parole non dette…

Oggi, verso le 16, una persona ha deciso di porre termine alla sua vita.
Non conosciamo il suo nome, né la sua età, né il motivo che lo ha spinto a questo gesto. Sappiamo soltanto che lo ha fatto gettandosi sui binari, presso Vittuone, a circa 15 km da Milano.

Lo sappiamo perché, giunti alla Stazione Centrale di Milano verso le 18, abbiamo trovato lungo la banchina decine di viaggiatori che si interrogavano sul perché l’Intercity, che sarebbe dovuto partire da oltre un'ora fosse fermo sul binario 5.. e sul perché tutti i treni della linea Torino-Milano avessero ritardi superiori ai 60 minuti.

E’ stato un gruppo di poliziotti – il cui intervento era stato evidentemente richiesto da qualcuno, forse per timore di disordini – a dare l’informazione. “C’è stato un investimento a Vittuone…è tutto bloccato in attesa dell’arrivo del magistrato” ci ha detto la poliziotta.

Arrivati a Torino con un’ora di ritardo, l’unico ricordo che ci porteremo dietro di questa giornata saranno i cori di protesta dei pendolari, gli insulti - sentiti durante tutta la durata del viaggio - nei confronti di Trenitalia, che pensa soltanto all'alta velocità e ignora i passeggeri che non possono permettersi di spendere 60€ per un biglietto di andata e ritorno Torino-Milano.

Eppure quanto è successo non era imputabile a Trenitalia…l'alta velocità non c’entrava proprio nulla…e allora perché tutto questo? Perché neanche un pensiero a quella persona e al suo tragico gesto?

No, non siamo diventati tutti insensibili…semplicemente siamo stati ancora una volta vittime di quell’atteggiamento superficiale e totalmente noncurante delle esigenze e dei diritti dei passeggeri, diventato ormai purtroppo un tratto distintivo di Trenitalia. Nessun ferroviere sulle banchine ad informare i passeggeri…nessun ferroviere/controllore durante il tragitto a fornire aggiornamenti sui ritardi del treno, nessun comunicato attraverso l’altoparlante collocato a bordo.

Parole, semplici parole non dette…che hanno fatto dimenticare a tutti la cosa più importante.

lunedì 14 dicembre 2009

Famiglia…ma quanto mi costi?

Questo uno degli interrogativi sollevati dal libro recentemente pubblicato dagli economisti Alesina e Ichino dal titolo “L’Italia fatta in casa” (ed. Mondadori).
Del libro ho potuto leggere solo un breve estratto ed un commento dell’economista Gavazzi sul Corriere della Sera, ma gli argomenti sviluppati mi sembrano interessanti.

In sintesi: tutti sappiamo quanto la famiglia sia importante nel contesto socio-economico italiano (pensiamo ai figli che rimangono a casa ben oltre i loro coetanei europei, pensiamo alle donne che rimangono a casa per seguire i figli o per occuparsi di familiari anziani, dei genitori che intervengono economicamente per sostenere i figli in difficoltà a seguito della perdita del lavoro, ecc.).

La tesi sostenuta dal libro è che l’affidare alla famiglia questi compiti (che in altri paesi vengono svolti dal welfare/dallo Stato) è una scelta che ha comportato e comporta tuttora costi elevati.

Qualche esempio di questi costi (la seguente è una mia sintesi, molto semplificata, giusto per condividere qualche riflessione con voi...):

Limitata mobilità geografica: spesso accade che i giovani si accontentino di un lavoro inferiore alle proprie qualifiche pur di rimanere vicini alla famiglia e alla “sicurezza” che questo comporta (questo fenomeno sembra confermato dai dati riportati nel libro, secondo i quali il 45% delle coppie sposate di età inferiore ai 65 anni vive nel raggio di 1 km dai genitori)

Inefficienza nell’allocazione delle risorse lavorative
: quando la ricerca del lavoro avviene vicino a casa, dunque in un contesto geografico limitato, è più elevato il rischio che il posto di lavoro venga trovato tramite raccomandazione (con il risultato che l’impresa che deve assume una persona non prenda magari la persona più capace ma semplicemente quella che è stata raccomandata, con un evidente impatto negativo sull’azienda stessa)

Limitata presenza delle donne nel mondo del lavoro: la maternità e la cura dei figli sono la causa principale di abbandono del lavoro da parte delle donne. La mancanza di istituti, come gli asili nido, oppure modalità di lavoro, vd. part-time e flessibilità degli orari, spesso non consentono alla donna altra soluzione che lasciare il posto di lavoro. Ricordiamo a questo proposito come la gran parte della spesa sociale del nostro paese vada in pensioni e non per le politiche sociali propriamente dette. Tra l’altro, la minore partecipazione femminile al mercato del lavoro in Italia, unita alla bassa fecondità del nostro paese, sono una delle cause che rende il rapporto tra anziani inattivi su occupati notevolmente peggiore nel nostro paese rispetto ad altri che pure hanno una longevità simile alla nostra.

Occupazione giovanile inferiore a quella di altri paesi (vd. anche il punto precedente sull’occupazione femminile) e limitati strumenti di protezione per chi perde il lavoro (versus protezione dei diritti di chi è già uscito dal mondo del lavoro ed è in pensione).

In sintesi: il libro, lungi dal mettere in discussione il valore della famiglia, porta a chiederci se un sistema diverso, che non obbligasse la famiglia ad occuparsi di tanti compiti che altrove vengono demandati allo Stato o al mercato non comporterebbe benefici in termini di benessere collettivo e qualità della vita (nonché una concezione più moderna di Stato e, forse, un diverso senso civico...).

giovedì 10 dicembre 2009

I viaggi de "Ilportapenne". Tredicesima tappa: Amsterdam.

Nonostante il Natale sia ormai vicino, è ancora il giallo soffuso dei lampioni a dominare. Di giallo sono illuminati i canali e i ponti che li attraversano; di giallo-oro e bianco sono le decorazioni dei grandi magazzini De Bijenkorf in piazza Dam. Nere, lo stile essenziale come quelle dei film di inizio ‘900, sono invece le biciclette: uno sciame silenzioso che attraversa la città in lungo e in largo.

Il verde contraddistingue invece i coffee shop: gruppi di ragazzi escono ed entrano ad ogni ora lasciandosi dietro un odore dolciastro che si dissolve velocemente nella fredda aria invernale. Rosse sono invece le luci che illuminano le finestre attraverso le quali le “signorine”, come le chiama la mia compagna di viaggio, fanno l’occhiolino ai passanti.

La Oude Kerk, la chiesa vecchia, è imponente nella sua sobrietà: attorno, qualche piccolo albero e una luce rossa. “Pensa un po’…quando la domenica si celebra la messa, la “signorina” dalla sua finestra potrà chiaramente sentire i cori e l’organo!” – dico alla mia compagna di viaggio. “Non penso che gliene importi molto” – risponde lei.

E chi lo può dire? Nella città del sesso e del fumo facili, dove gli eccessi sembrano trovare una loro sintesi in un superiore, quanto inaspettato, equilibrio, tutto pare possibile.

giovedì 3 dicembre 2009

Il sapere può essere condiviso?

Tempo fa mi è successo di affrontare i temi del social networking, del web 2.0 e degli attuali strumenti di collaborazione online legati a quello che oggi viene definito il web partecipativo, con una mia cara amica, che da anni si occupa di ricerca scientifica nel settore della fisica e della geologia.

Il concetto di web partecipativo è ormai noto: un nuovo Internet nel quale gli uomini, da meri fruitori di contenuti diventano essi stessi fonte/aggregatori/distributori di contenuti, rendendo di fatto la rete una grande arena di confronto/discussione aperta a tutti.

Ebbene, di fronte al mio entusiasmo nel parlare di questi temi, la mia amica mi confidava che il web partecipativo di fatto costituisce già da diversi anni una realtà imprescindibile per il mondo scientifico.

Alla base di questo vi è l’assunto che il confronto, la discussione, la "peer review" (la revisione di quello che una persona scrive/dice da parte dei suoi pari) sono di fatto un elemento obbligato e vitale per il mondo scientifico, che Internet ha senza dubbio esteso e facilitato. Un articolo su una rivista prestigiosa non viene mai pubblicato prima che sia avvenuto questo processo di confronto e revisione da parte dei pari.

Questo fatto mi è tornato alla mente leggendo un recente articolo di Nova, supplemento tecnologico de IlSole24Ore, dall’affascinante titolo “Il sapere è condivisione”.

Ho ripensato a quanto, di fatto, anche per il mio lavoro stia diventando importante e soprattutto proficuo da un punto di vista di crescita professionale, poter leggere i blog di persone che seguono, per passione o per lavoro, i miei stessi argomenti e potermi confrontare con loro.

E pensando a tutto questo non ho potuto non fare un confronto con quanto avviene di norma nelle nostre aziende (non solo nell’ambito privato ma, spesso, anche nel pubblico). Sì perché qui la condivisione non sembra davvero essere riconosciuta come un valore. Perché?

Forse perché, modificando i termini del titolo che citavo prima, “il sapere è POTERE”…e in quanto tale NON deve essere condiviso (perché più è condiviso, più si “diluisce”).

Questo, penso sia uno degli ostacoli principali che blocca l’adozione e l’utilizzo concreti di strumenti di web partecipativo nell’ambito delle aziende, anche in quelle nelle quali la condivisione dei saperi/delle esperienze porterebbe ad innegabili vantaggi.

E così continuiamo a coltivare ciascuno i nostri privati orticelli, paghi di quel poco che riusciamo ad ottenere/conoscere, privando la società nella quale viviamo e, in primis, anche noi stessi, di quell’accrescimento che deriva dalla condivisione dei saperi.

martedì 1 dicembre 2009

Germania: direttrice di banca come Robin Hood, condannata

Ha preso 8 milioni di euro dai ricchi per darli ai poveri

Fonte: http://ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2009/11/24/visualizza_new.html_1620437359.html

BERLINO - Il crimine non paga, nemmeno quando è a fin di bene: 22 mesi di carcere con la condizionale é la condanna ricevuta a Bonn da una vera e propria Robin Hood tedesca, una direttrice di banca che prelevava dai conti correnti dei ricchi per risanare quelli dei poveri. E' accaduto a Bornheim, un piccolo centro vicino Bonn, la ex capitale della Germania federale fino alla riunificazione tedesca.

Qui Erika B., (anche il nome è stato modificato, per rispetto della privacy) dal 1990 era direttrice della locale cassa di risparmio, la Vr-Bank. Signora dall'aspetto rassicurante, in realtà ha saccheggiato per anni senza essere scoperta i conti correnti dei clienti più ricchi per ripianare quelli dei più poveri. In tutto, secondo quanto scrive oggi la 'Bild', tra il 2003 e il 2005 ha spostato 7,6 milioni di euro in 117 casi accertati. La donna, che ha 62 anni, per sé non ha mai preso nemmeno un centesimo, ha più volte ripetuto il suo avvocato difensore Thomas Ohm. Erika B. ha spiegato di avere aperto linee di credito anche per clienti meno abbienti, con il risultato di avere tanti conti correnti in rosso.

Per non attirare l'attenzione, quando si avvicinava una ispezione, trasferiva somme importanti dai libretti di risparmio di clienti benestanti a quelli dei più poveri. Passato il controllo, restituiva le somme trasferite ai legittimi proprietari. Questo però non sempre era possibile in quanto alcuni clienti dai conti in rosso profondo, riuscivano a spendere i soldi prima ancora che lei riuscisse a riprenderli. Alla fine, il danno arrecato alla banca da Erika B. è stato di 1,1 milioni di euro. Alla giudice che le chiedeva perché lo ha fatto, non ha saputo dare nessuna spiegazione per il suo gesto.

"Forse, senza rendermene conto, ero caduta in preda di una mania di aiutare" ha detto Erika, che oggi afferma di essere pentita. Il tribunale ha avuto difficoltà a condannarla. "Da una parte ha arrecato un grave danno finanziario - ha spiegato la giudice - dall'altra va notato che il suo è stato un comportamento senza fini di utile personale, quindi abbiamo affrontato un caso radicalmente diverso dai soliti". Dopo essere stata scoperta, la direttrice di banca dal cuore d'oro è stata licenziata in tronco, e per far fronte al debito ha dovuto vendere la casa, le polizze di assicurazione, quasi ogni bene. Insomma si è ritrovata sul lastrico, ed ora vive con una pensione di mille euro.

venerdì 27 novembre 2009

"L’eco del portapenne". Puntata n.1

“L’eco del portapenne”, nuova rubrica su titoli e ritagli della carta stampata...Ecco la prima puntata.

Il quotidiano “Libero” ha da qualche tempo una nuova rubrica che si intitola “Cavalli e business” (ricordate il film “Notting Hill"? Hugh Grant si spacciava per un giornalista del settimanale “Cavalli e segugi” per intervistare Julia Roberts: secondo me chi ha inventato il titolo ha tratto ispirazione dal film!).

Nell’intervista riportata il 25/11 all’interno di questa rubrica, il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, Luca Zaia, auspicava la trasmissione di un evento ippico sulla televisione generalista ogni settimana come uno degli strumenti per rilanciare il settore. Al termine dell’articolo una enorme foto del ministro che striglia un cavallo…Il titolo della foto?: “SENZA PAURA” (Ma chi decide i titoli nella redazione di Libero?)

mercoledì 25 novembre 2009

La silenziosa rivoluzione degli e-book

Come cambierà la lettura con l’e-book?
Questo, il tema affascinante che sempre più sovente nei prossimi mesi ed anni ci troveremo ad affrontare,
Già, perché questa volta sembra che gli e-book stiano proprio arrivando: sono già disponibili, anche in Italia alcuni modelli di reader/lettori (il più noto è senza dubbio il Kindle di Amazon: http://www.amazon.com/dp/B0015T963C/?tag=gocous-20&hvadid=4139534867&ref=pd_sl_7p2cs87ap_b ed altri ne seguiranno. Di che cosa si tratta? Di dispositivi portatili che consentono di scaricare (tramite un connessione mobile incorporata nel dispositivo) quotidiani e soprattutto libri interi in pochi secondi, di portarli con noi e di leggerli come e quando vogliamo (batteria permettendo…) su uno schermo grande come un libro tascabile.

Per quanto riguarda i libri, che cosa cambierà?
In termini di “catena del valore” potenzialmente molto: pensate ad esempio alla possibilità, per gli autori dei libri, di pubblicare libri a costi inferiori a quelli di oggi (con impatti importanti anche sul mondo della distribuzione, a partire dalle librerie). Ovviamente molto dipenderà da come il modello di business evolverà e dalle modalità con le quali l’e-book si affiancherà al business dei libri tradizionali (è probabile infatti che l’affiancamento, più che la sostituzione, sia il modello che prevarrà almeno nel medio periodo). E poi ancora il cambiamento sulle abitudini di ciascuno di noi: il libro regalato a Natale sarà un file inviato gratuitamente al lettore e-book del nostro amico?

C’è già chi rimpiange la fisicità del libro: la sensazione di sfogliare le pagine, di sentire l’odore di fresco di stampa o al contrario quell'odore che viene dal passato, della libreria dei nonni. Insomma, il rimpianto del mezzo fisico, più che del contenuto (il testo). Una simbiosi alla quale sia abituati…

Avremo in compenso la possibilità di accedere, in qualunque momento, ad un numero molto più vasto di libri (sperando che i titoli italiani aumentino, oggi sono perlopiù titoli inglesi) a prezzi decisamente più convenienti, di saziare la nostra voglia di lettura immediatamente e, sempre di più con il passare del tempo e degli sviluppi tecnologici, di vivere il libro in modo diverso, commentando ad esempio direttamente dal dispositivo i brani che stiamo leggendo con altri utenti, su appositi fora o social network dedicati a quel libro.

Diventeremo lettori meno attenti? Perderemo quel piacere di immergerci nel testo, di perderci tra le righe delle pagine all’ombra del comodino?
Siamo solo all’inizio dell’era degli e-book..molte cose ancora cambieranno. Ma la sensazione è che forse anche noi lettori stiamo un po’ cambiando nel nostro modo di affrontare la lettura..e che forse, in fondo, l’e-book è solo il primo passo di questa silenziosa rivoluzione.

venerdì 20 novembre 2009

I numeri della fame

Tanti i numeri, le cifre che ogni giorno rimbalzano sui giornali, in televisione. Questi meritano una particolare riflessione (fonte: The State of Food Insecurity in the World, 2009, FAO).

  • In un giorno qualunque, oggi ad esempio, nel mondo muoiono di fame 17.000 bambini. Uno ogni 5 secondi, 6 milioni in un anno (Ban Ki Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, Roma 16/11/09)
  • Nel mondo, a fine 2009, le persone che soffriranno la fame saranno 1,02 miliardi (il numero più alto in assoluto registrato da quando sono disponibili statistiche sul fenomeno, ossia dagli anni '70): la maggior parte (642 milioni) in Asia e Pacifico, ma è nell’Africa sub-sahariana che la proporzione di persone che soffrono la fame sul totale della popolazione è maggiore (oltre il 30% della popolazione, ma con punte superiori al 60% in alcuni paesi)
  • Dopo anni di declino, il numero delle persone che nel mondo soffre la fame è tornato ad aumentare (a partire dalla metà degli anni ’90) in termini assoluti, con una netta impennata nel 2008 e 2009, a causa soprattutto della crisi economica mondiale
  • Dal 2006 in poi è anche tornata ad aumentare la percentuale di coloro che, nei paesi in via di sviluppo, soffrono la fame sul totale della popolazione

lunedì 16 novembre 2009

Visto da lei, visto da lui...

- Lui: certo che con questi bambini bisogna proprio stare attenti…pensa ad esempio alle monete.. sono un vero pericolo!

- Lei: beh, sì, effettivamente... (nella mente di Lei si avvicendano immagini terrificanti di bambini che inghiottono monete come piccole slot machine…e ancora scene degne di E.R con chirurghi che estraggono monetine dallo stomaco di bambini…)

- Lui: prendi ad esempio quello che è successo a Roberto…
- Lei: ?

- Lui: sì, sua figlia, la piccola Martina di 2 anni, ha trovato, non si sa dove, una moneta da 2€ e, pensa un po’…l’ha infilata nello spazio della smart card del decoder…e ora non funziona più nulla…!!!! Però, che sfortuna….!
- Lei: eh sì, effettivamente….*

*P.S.: le riflessioni sulla natura degli uomini/maschi che nella mente di Lei si sono successivamente avvicendate sono irripetibili (lasciamo spazio all'immaginario delle nostre lettrici).

giovedì 12 novembre 2009

Chiamasi "controllo di qualità"

Due storielle recenti...

Chiamata al call center di una nota società telefonica.
Al termine della solita, interminabile lista di opzioni del menù telefonico, finalmente arriva il momento di parlare con l’operatore (perché nel menù mancava proprio l'opzione che ci serviva...)

- Buongiorno vorrei avere la seguente informazione:….
- Sì signora, allora la risposta è la seguente:….
- Grazie mille
- Di nulla….a proposito signora, posso darle ancora un’informazione?
- Certo, mi dica
- Guardi, tra qualche giorno verrà chiamata per esprimere un giudizio sui servizi del nostro call center….ecco, è sufficiente che lei prema il 5
- Ah va bene grazie….Click

Premere il 5? Ah, probabilmente, nella giungla dei menù telefonici (premi 1 se vuole il servizio X, premi 2 se vuoi l’informazione sul servizio Y) il 5 è il tasto per selezionare l’opzione “per esprimere un giudizio sul servizio fornito dal nostro call center”, pensa la nostra signora.
Salvo scoprire, il giorno della fatidica chiamata, che il 5 corrisponde a “sono molto soddisfatta del servizio avuto dal call center".
E come rimproverare la signorina del call center per aver voluto evitare alla nostra signora la fatica di dover ascoltare tutto il menù, suggerendo lei stessa la risposta “corretta”?

Presso un noto museo partenopeo, al termine della visita.

-Signora, avrebbe voglia di compilare il questionario relativo alla qualità dei servizi museali?
-Certamente, molto volentieri (avendo visto custodi leggere il giornale, parlare ad alta voce nelle sale, guardare tutto, tranne i visitatori, la voglia di esprimere un giudizio è forte…)
-Ma, scusi, le domande non sono molto chiare…si riferiscono ai servizi di accoglienza intesi come biglietteria (la suddetta signora, molto gentile) o anche ai servizi resi dai custodi…no, perché avrei giudizi diversi in merito
-Eh, guardi non lo sappiamo neanche noi…e ci farebbe piacere saperlo, visto che il rinnovo del nostro contratto dipende anche dall’esito dei questionari!
-Ah capisco…ma allora.. come faccio?
-……(La signora allarga le braccia e scuote la testa rassegnata).

Alla fine mi sono costruita un doppio questionario, inserendo due colonne distinte, specificando per ogni domanda (volutamente ambigua) la risposta in funzione delle diverse categorie di persone coinvolte e corredando il tutto con alcune note a margine…
Devo dire che nonostante lo sforzo profuso, alla fine di questa attività ho provato una sensazione di leggera presa in giro…

venerdì 6 novembre 2009

Alla ricerca della "land of opportunities"

Da qualche tempo mi sono imbarcata in una ricerca: capire il perché gli Stati Uniti esercitino ancora nei confronti di così tante persone, e nonostante le loro mille contraddizioni, il fascino di “land of opportunities”.

L’ultimo contributo sul tema si intitola “Le due Americhe – Perché amiamo e perché detestiamo gli Usa” (autore Ermanno Bencivenga, editore Mondatori 2005). La tesi dell’autore, che da oltre 25 anni vive e insegna negli Stati Uniti, è che vi sono due Americhe. Una è costituita dalle grandi multinazionali e dai loro referenti politici, che tentano di conservare il potere nelle mani di pochi privilegiati: l’altra, invece, è costituita dagli immigrati, da coloro che emigrano negli Stati Uniti alla ricerca di una vita migliore.

La prima trova utile e nel suo interesse fornire all’altra quegli incentivi (appena) sufficienti a far sì che venga preservata la credibilità dell’idea della libera realizzazione dell’individuo. La seconda America (quella degli immigrati) persegue questo ideale, seppur con dei limiti oggettivi, che comunque sono inferiori a quelli che vengono posti "in qualsiasi altra parte del mondo” (p. 74). Bencivenga cita la meritocrazia come una delle forme nelle quali si esplica la libera realizzazione di sé che si riscontra negli Usa.
L’autore conclude affermando l’esistenza di un perenne “negoziato”, spesso non privo di tensioni, tra le due Americhe, che tuttavia trova comunque alla fine una sua sintesi, una “complicità” tra le due Americhe, tale da garantire un equilibrio del sistema.

Il discorso sulla meritocrazia mi è tornato alla mente leggendo alcuni racconti di giovani che sul sito di Repubblica parlano delle difficoltà incontrate nel mondo del lavoro. Ho scelto a caso una pagina ed ho cominciato a leggere: sono rimasta colpita dalla quantità di testimonianze provenienti dall’estero, di persone (di norma laureate, ma sovente anche con una formazione post-lauream,) emigrate in altri paesi (europei e non solo) in cerca di opportunità. Il denominatore comune di queste storie è quello della scoperta, nei paesi di adozione, della meritocrazia, contrapposta alla logica italiana della raccomandazione, che privilegia non quanto si sa, ma chi si conosce.

Queste testimonianze (quella di Bencivenga e quelle riportate sul sito di Repubblica) mi inducono a pensare che la meritocrazia rappresenti, ai nostri giorni, uno degli elementi ai quali noi italiani aspiriamo di più nella nostra personale ricerca della “land of opportunities”…

giovedì 5 novembre 2009

I love Halloween

L'altro giorno ho visto, attaccate alle finestre di una scuola elementare, delle figurine di zucche e fantasmi e mi son detta "Ecco i lavoretti di Halloween!".
Allora ho pensato che è bello che i bambini abbiano una festicciola in più da ricordare rispetto ai tempi passati e chissenefrega se è un'occasione che non fa parte della nostra cultura! E' una cosa nuova e divertente, no? In fondo è un pizzico di cultura americana che entra nelle nostre case.
Poi mi è venuto in mente che tra qualche tempo inizieranno le tristi polemiche sul festeggiare o meno il Natale a scuola. Dico tristi perché io proprio non riesco a vedere nulla di offensivo nel Natale.
La società multietnica dovrebbe essere più ricca di una in cui prevale un solo tipo di cultura. Penso che sarebbe bello festeggiare il Natale e poi anche le ricorrenze di altre culture o religioni, ovviamente in modo semplice, allegro, adatto ai bambini, come con Halloween appunto!

lunedì 2 novembre 2009

Popcorn e Coca- Cola: si parla di film

Popcorn e Coca-Cola: il binomio essenziale, che, almeno fino a qualche annetto fa, accompagnava la visione dei film al cinema.
Anche se ultimamente ci sembra che il binomio sia caduto un po' in disgrazia, utilizziamo questi termini per parlare di cinema...di quello che abbiamo visto, di quello che ci è piaciuto e di quello che ci ha delusi...(ovviamente i commenti sono più che benvenuti, compresi quelli che non condividono le nostre osservazioni!).

Oggi si parla di Baaria...e a coloro che non avessero ancora visto questo film e stessero attendendo trepidanti il giorno nel quale solcheranno la soglia del cinema per vedere quest'opera, consigliamo di passare ad altro post.

Da semplici ed umili osservatori - e dunque non da esperti di cinema - ci permettiamo di dire che:
1) il film ci è sembrato poco "coerente": la vicenda è un susseguirsi di momenti drammatici, a volte tragici, misti ad immancabili parentesi comiche. L'impressione che resta è quella di tante tessere di puzzle che restano sparpagliate sul tavolo, senza arrivare a formare l'immagine desiderata
2) troppi personaggi e, perdipiù, troppo noti con parti di pochi minuti che finiscono per distrarre lo spettatore, senza aggiungere nulla alla narrazione
3) il film è troppo lungo e, quel che è più grave, si ha l'impressione che certi eventi della storia d'Italia siano stati aggiunti "a prescindere" dal loro potenziale contributo alla storia, quasi a "far numero".

Ma forse la severità del giudizio deriva anche dalle aspettative create dalla grande operazione di pubblicità e di marketing che è stata fatta del film...Questa sì, davvero riuscita!

mercoledì 28 ottobre 2009

I viaggi de "Ilportapenne". Dodicesima tappa: Cambridge (UK)

Alle 8 del mattino, nei vialetti del King’s College, l’odore dell’erba tagliata si unisce alla sottile brina.

Per raggiungere la biblioteca si supera il ponte sul Cam, con la sua vista sulla cappella: un’occhiata veloce ai backs, la vegetazione verde intenso, i fiori ben curati, qualche animale che si aggira tranquillo per il prato, gli studenti con i libri sottobraccio.

La biblioteca è una struttura moderna, ma dal fascino antico: un dedalo di corridoi, sui quali si affacciano scaffali di libri, e all’inizio di ciascuna fila il contatore della luce per non sprecare energia elettrica. Mentre scorro la lista dei titoli, il ticchettio del contatore procede inesorabile e mi lascia completamente al buio dopo pochi minuti.

Le storie lette su Varsity, il giornale universitario, sono vere: molti amori sono sbocciati all’interno di queste file di libri, con la complicità dei contatori. Lungo i corridoi, banchetti di legno appena rischiarati dalla debole luce di piccole lampade da tavolo: gli studenti, infreddoliti (si risparmia anche sul riscaldamento), sfogliano le pagine dei libri con i polpastrelli lasciati liberi dai guanti di lana.

Alle 17, all’uscita è già calato il buio: le luci delle vetrate del college, l’organo che risuona nella cappella del King’s e le voci che intonano gli inni sacri. La giornata è finita: il portiere con la tonaca dei colori del college mi saluta e mi augura una buona serata.

http://www.cambridgeincolour.com/cambridge-gallery.htm

domenica 25 ottobre 2009

Cercasi soluzione

Mi chiedevo una cosa.
Un lavoratore statale ha diritto, per i primi tre anni di vita del proprio figlio, a usufruire del congedo per malattia del bambino. Si tratta di trenta giorni all'anno retribuiti al 100% e, dal trentunesimo, un numero illimitato di giorni a stipendio zero. Bene, ottimo mi sembra!
Ora, dal terzo all'ottavo anno di vita del bambino i giorni diventano, sapete quanti? CINQUE! Cioè si hanno a disposizione numero cinque giorni all'anno per assentarsi causa malattia del figlio. Ora, che cosa fanno normalmente i bambini a tre anni? Iniziano la Scuola dell'Infanzia e non occorre essere pediatri per prevedere che cinque giorni di malattia all'anno siano un po' pochini. Diciamo che in linea di massima in cinque giorni si cura un'influenza. Allora che fare se il nostro bambino di tre anni si ammala un'altra volta? Lo lasciamo a casa da solo, raccomandandogli di leggersi bene il foglietto illustrativo prima di assumere medicine? Lo mandiamo all'asilo malato? Lo portiamo al lavoro con noi? Ci diamo malati noi? Io non vedo soluzioni umanamente o legalmente accettabili.
E' chiaro che il legislatore non aveva figli, o i suoi erano piccoli titani!

martedì 20 ottobre 2009

...

La prima intenzione era quella di fare un'operazione di “copia ed incolla” dei titoli delle ultime due settimane dei più importanti quotidiani nazionali. Un susseguirsi di parolacce, insulti, invettive: politici contro politici, politici contro giornalisti, giornalisti contro politici, politici contro magistrati, giornalisti contro magistrati magistrati contro politici e così via... Che cosa rappresenta tutto questo? Un involgarimento della politica che si propaga a tutti i settori della società e la fine del confronto politico nel senso più nobile, quello del confronto delle idee, confronto anche serrato, ma sempre confronto.

Eppure ci sono anche i bene informati che ci raccontano che tutto questo fa parte in realtà del teatrino della politica, che alla buvette del Parlamento le pacche sulle spalle si sprecano tra supposti “nemici”…e allora a che pro tutto questo?

Quale che sia la realtà, mi sembra che entrambe le situazioni siano preoccupanti:
nel primo caso l’avversario politico cessa di essere tale e diventa “nemico”: l’odio si sostituisce al confronto e le idee, i programmi, diventano elementi del tutto secondari del dibattito politico, oscurati dall’insulto e dall’invettiva;
nel secondo caso si fa ricorso alla volgarità perché in quest’era mediatica appare fondamentale urlare più forte..perché chi urla più forte viene più ascoltato..stupire l’uditorio, la “gente”, i cittadini, “colpire” conta più dell’argomentare e comunque in fondo tutto è apparenza, perché i politici di tutti gli schieramenti non ambiscono a cambiare in meglio la società, ma semplicemente a preservarsi come casta, con tutti i privilegi che questo comporta.

Entrambe le situazioni stanno determinando effetti perversi, spesso poco considerati, nel paese, tra le persone “comuni”. Chiacchierate tra amici con opinioni politiche diverse sfociano sempre più sovente in brutte imitazioni delle schermaglie tra politici nazionali, mentre al contempo si diffonde una sempre più profonda disaffezione nei confronti della politica e dei politici.

Nel passato gli scontri avvenivano, ma sullo sfondo c’era un contesto politico-internazionale molto diverso, con una netta contrapposizione tra blocchi. Molti dei termini del dibattito di allora oggi non hanno più senso: continuerebbe invece ad avere senso il confronto tra idee diverse, tra proposte e contributi diversi per il miglioramento della società nella quale viviamo…e sarebbe un bel confronto.

giovedì 15 ottobre 2009

Oggi come ieri

Scusate, mi è venuta in mente una cosa, ma nessuno si offenda eh?
Ci sono alcune consuetudini della vita quotidiana moderna che a me sembrano rubate al passato o al mondo animale.
Ecco, ad esempio, trovo curioso avere acqua corrente potabile nelle case e caricarsi di bottiglie al supermercato come facevano le bisnonne al pozzo.
E poi un'altra cosa, ma questa è brutta. Avete presente i bar la mattina presto? Pieni di gente che trangugia roba indigeribile! Ragazzi, a me sembrano gli animali alla mangiatoia, con il barista che somministra il mangime e loro che si affollano. Invece sono dirigenti o impiegati in giacca e cravatta! Intendiamoci, anche a me capita a volte di doverlo fare ma, credetemi, se posso lo evito come la peste.

mercoledì 14 ottobre 2009

A René...

Su una parete della mia stanza, da anni mi fa compagnia una riproduzione de “L'empire des lumières” del pittore belga surrealista René Magritte (http://www.opac-fabritius.be/fr/F_database.htm).

Un pomeriggio, ai Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles, me lo sono ritrovata davanti e sono rimasta alcuni minuti immobile, a bocca aperta: era come se una forza mi impedisse di volgere altrove lo sguardo. E lo stesso avviene ancora oggi, di fronte alla sua riproduzione.
Perché? Che cosa rende così speciale una tela ai nostri occhi? Perché quella sensazione che ci pervade al punto da lasciarci senza parole, quasi inebetiti?

Per quanto riguarda la musica la risposta sembra più semplice: una canzone ci piace (anche) perché la associamo a particolari momenti della nostra vita: anzi, spesso il riascoltare una canzone ci consente di rivivere quei momenti per qualche istante.
Ma per quanto riguarda il quadro la questione sembra più complicata….

Forse semplicemente è “stupore” la parola chiave, quella sensazione di sorpresa/suggestione/ammirazione che ci lasciano quei colori e quelle forme, che ci colpiscono aldilà della nostra particolare condizione, in modo “estemporaneo” e dunque, per definizione, senza tempo...

domenica 4 ottobre 2009

Crescere o semplicemente vivere?

Sto leggendo un libro, "Con il cielo negli occhi" di Franco Lorenzoni (ed la meridiana). Parla dell'esperienza dell'insegnamento dell'astronomia di un maestro elementare, con metodi basati sull'osservazione, il disegno e la percezione di spazi e tempi in modi semplici: appuntamenti serali davanti alla finestra aperta per disegnare l'orizzonte, le posizioni di Luna e stelle, dei tramonti del Sole, ricerche di miti, detti popolari, condivisione e discussione con i compagni.

Mi viene da fare il paragone con i programmi della Scuola dell'Infanzia, con inglese, nuoto, psicomotricità (leggasi ginnastica), cui le famiglie volenterose aggiungono tante altre cose. Sapete che esistono corsi di danza per bambini dai 3 anni in su? E gli asili nido non prevedono forse laboratori (sì sì li chiamano così) per unenni? C'è una frase del libro che mi ha colpito "...sembra che l'unica cosa importante che debbano fare i bambini è crescere e diventare grandi e l'aspetto degno di maggiore attenzione siano le loro trasformazioni, più che il loro presente e il loro sentire..."

A discapito dell'ultraspecializzazione degli operatori del settore, il mondo dell'infanzia sembra quasi un problema della società: i nostri bambini rischiano di attraversare troppo velocemente la loro età più bella e intellettualmente più feconda, tra corsi ed esperienze varie, senza avere il tempo di fermarsi a riflettere su quello che ogni giorno semplicemente vedono e "...magari, diventati adulti, passare la vita a farsi curare, ricercando parole e immagini della propria infanzia."

venerdì 2 ottobre 2009

A proposito di Coca-Cola...e la risposta è...(aggiornato con aneddoto nei commenti)

L’Islanda! (Questa volta non ci complimenteremo con Sergio perché sappiamo che ha avuto un aiutino…;-).

Questa, almeno, è la risposta fornita dal libro: su Internet ho trovato citato anche il Messico…purtroppo, sul sito della Coca Cola non vi sono informazioni di dettaglio che consentano di dare una risposta definitiva... quindi dovrete accontentarvi di sapere che questi due paesi sono ai primi posti in termini di consumo pro-capite annuo della celebre bevanda.

Più interessante è invece sapere che fu proprio in Islanda che la società condusse un esperimento che si sarebbe rivelato decisivo per portare la Coca-Cola a tutti i soldati americani impegnati al fronte (obiettivo, questo, che la società si era posta sin dall'inizio della seconda guerra mondiale).

La compagnia aprì in Islanda un impianto di imbottigliamento: grazie all'imbottigliamento in loco della bevanda, la società si limitava a trasportare dagli Stati Uniti il solo concentrato di Coca Cola, evitando così il trasporto delle bottiglie vere e proprie, non troppo agevole in tempi di guerra (tra l'altro il Governo, riconoscendo la Coca-Cola come un bene primario per il soldato, spesso contribuì in prima persona a finanziare la realizzazione degli stabilimenti di imbottigliamento all'estero...).

Ai rappresentanti della Coca Cola l’esercito degli Stati Uniti riconobbe inoltre, durante la guerra, lo statuto di “osservatori tecnici” che di norma veniva riservato ai civili i cui servigi venivano ritenuti essenziali ai fini dello sforzo bellico. Grazie alla guerra e alla vittoria degli Stati Uniti (con tutto quello che questo comportò in termini di pubblicità e visibilità della bevanda) la società riuscì ad espandersi sui mercati esteri in un modo che, per stessa ammissione della società, "avrebbe altrimenti richiesto 25 anni e 25 milioni di dollari” (M. Pendergrast, Storia della Coca-Cola, Odoya, Bologna, p.341).

domenica 27 settembre 2009

A proposito di Coca-Cola

Sto leggendo un interessante libro sulla storia della Coca Cola*: interessante soprattutto per capire il ruolo sociale e politico svolto dalla bibita simbolo degli Stati Uniti nel mondo.

Molte le curiosità nelle quali mi sono imbattuta. Ve ne propongo una sotto forma di quiz: qual é il paese che vanta il maggior consumo annuale pro-capite di Coca Cola? (Come avrete intuito non si tratta degli USA....!).

Ecco le opzioni: Iraq, Islanda, Cuba, Isole Hawai, Svizzera, Corsica.

*Mark Pendergrast, Storia della Coca-Cola, Odoya, Bologna, 2009 (760 pagine!)

venerdì 11 settembre 2009

Oggi, 11/09

Ogni generazione ha i suoi eventi da raccontare : i nostri nonni ricordano la guerra, i nostri genitori ricordano lo sbarco sulla Luna, l’uccisione del Presidente Kennedy…per noi l’11/09 sarà senza dubbio uno di quegli eventi dei quali parleremo un giorno ai nostri figli…

Ciascuno di noi ha il proprio 11/09 da raccontare…
Io mi trovavo nel mio ufficio al V piano di un bell’edificio che si affaccia sul Rond Point Schuman, il centro comunitario di Bruxelles. Accanto a noi il palazzo della Commissione europea ed il Consiglio: in strada un fluire continuo, ma ordinato, di persone ed automobili.
Sulla scrivania il cellulare vibra: un SMS dall’Italia mi chiede se sto vedendo quello che sta succedendo a New York...In ufficio non c’è la televisione e così provo a collegarmi ai siti dei giornali: inutile…Pochi minuti dopo, il mio capo, che sta per uscire da casa e venire in ufficio mi chiama: “Sto guardando la televisione, un aereo si è schiantato contro una delle Torri Gemelle…eh no…ma che cosa succede? Ce n’è un altro….”.

Qualche ora dopo Rond Point Schuman è deserto. La sicurezza ha fatto evacuare i palazzi della Commissione, del Consiglio e del Parlamento, per timore di un attentato anche qui, nel cuore dell’Europa: file interminabili e silenziose di persone escono e si dirigono verso la metropolitana, verso i parcheggi, verso il parco.
La stessa cosa avviene in un altro quartiere, fuori dal centro: la sede della Nato viene fatta evacuare.

Anche in ufficio è calato il silenzio: tutti se ne sono andati. Che senso ha rimanere?
La metropolitana alle 17 è surreale: pochi passeggeri, che si guardano senza parlare. Anche la chitarra di Michel tace…è la prima volta che lo vedo seduto con gli altri passeggeri e non in piedi, tra la gente, a cantare con la chitarra al collo.

martedì 8 settembre 2009

I viaggi de "Ilportapenne". Undicesima tappa: Capri

All’ombra del caratteristico tettuccio dei taxi di Capri, coppie di turisti percorrono celermente e silenziosamente le stradine della città, mentre altri turisti, a piedi, anch’essi con l’immancabile cappello di paglia bianco, si attardano ad osservare le vetrine degli eleganti negozi, copie in miniatura di quelli che si trovano nelle più blasonate città della moda. L’invasione nelle piccole stradine c’è, ma è silenziosa: con perizia, gli autisti dei minibus degli hotel 4 e 5 stelle carichi dei bauli e delle valigie dei clienti che sono appena sbarcati con l’aliscafo, schivano i turisti.

Il piccolo pullman che ci porta ad Anacapri, nella zona più alta dell’isola, lontano dal glamour della Piazzetta, è seguito da un taxi: a bordo una giovane donna di 35 anni circa, occhiali scuri e vistoso cappello di paglia ed un giovane valletto di un hotel di lusso, con la divisa granata e le decorazioni giallo-oro che ha accompagnato la donna nei suoi acquisti e che ora, con cura, tiene accanto a sé le 3-4 borse, color panna, enormi, con il nome delle griffe stampato sopra.

Alla base della partenza della seggiovia c’è il banchetto di Pasquale: sul piccolo banchetto di legno una sigaretta accesa e gli attrezzi del mestiere, con i quali Pasquale confeziona sandali su misura.

Mentre saliamo sulla seggiovia incontriamo lo sguardo di alcune giovani giapponesi che stanno scendendo: ci sorridono discretamente e ci salutano con la mano inguantata che regge l'immancabile piccolo ombrellino. Qualche seggiolino dopo, un bimbo giapponese di 6-7 anni, seduto sul seggiolino con le gambe incrociate, ha chiuso gli occhi.

Giunte alla sommità del Monte Solaro... Capri come non l’abbiamo mai vista: una piccola baia quasi nascosta e una macchia blu inchiostro, nella quale si distinguono poche barchette bianche. Dall’altra parte dell’isola gli imponenti Faraglioni e la via Krupp...bellissimi…ma è qui che il nostro sguardo si perde.

I viaggi de "Ilportapenne". Decima tappa: Pompei

Alle 10 di mattina il sole brucia le strade di Pompei.
Difficile immaginare il traffico brulicante lungo le stradine sulle quali si affacciano le botteghe, le case, le ville…
I recipienti per le bevande, lo spazio per la cottura del pane, i muri con le scritte che inneggiano al politico di turno, gli spazi intimi del Lupanare con le immagini proibite e poi il foro, maestoso, con le colonne, le statue, i grandi spazi…frammenti di vita quotidiana che il turista cerca di rivivere affacciandosi in tutte le aperture che scorge, toccando i muri, sbirciando attraverso le sbarre di metallo che vietano l’accesso.

Il Vesuvio è là…inquietante nel suo silenzio.

I calchi di alcuni pompeiani, come scatti di una foto, hanno fermato il tempo. Il pensiero, chissà perché, corre al computer portatile carbonizzato e alle bollette del telefono da pagare conservati nella teca del museo di New York, accanto al frammento della fusoliera di uno degli aerei dell’11/09.

Ma è un attimo…i mosaici colorati, i colori sgargianti e i giardini con le piccole fontane ci riportano alla vita gioiosa della città, ai suoi cittadini benestanti ed indaffarati.

Fino al tramonto…quando le vie tornano deserte ed il silenzio avvolge nuovamente la città, sotto lo sguardo protettivo del Vesuvio.

giovedì 3 settembre 2009

I viaggi de "Ilportapenne". Nona tappa: la costiera amalfitana

La costiera amalfitana ha il sapore inebriante della granita al limone, dei limoni appesi alle botteghe di Amalfi, accanto al peperoncino rosso.

“Save the water, drink Limoncello”, recitano le magliette delle piccole botteghe che vendono i prodotti tipici del luogo.


Il bianco delle case di Amalfi contrasta fortemente con il blu intenso del mare. Da Amalfi ci inerpichiamo con un piccolo pullman sulla stradina che porta a Ravello.


I grandi pannelli pubblicizzano il noto festival che ha luogo da aprile a settembre e che richiama tanti turisti stranieri venuti ad ascoltare la musica dei grandi compositori su un palco, posto all’interno di villa Rufolo, che si affaccia sul mare di Amalfi.

All’interno di villa Cimbrone, un trionfo di vegetazione, di fiori, di statue di Cerere e di altre divinità antiche, di grandi balconate che si affacciano sul mare e di piccoli angoli intimi nascosti nella vegetazione, troviamo il lussuoso e discreto albergo 5 stelle, all’interno del quale venne anche la divina Greta Garbo, in cerca di pace e tranquillità….
I turisti, discreti, si perdono per i silenziosi sentierini della villa: il mare è laggiù, solcato dalle scie delle barche e degli aliscafi. Immobile e rassicurante …

martedì 1 settembre 2009

Cercate un posto dove pranzare? Ho quello che fa per voi...

Anche quest'anno le vacanze sono finite, e mi ritrovo a pensare ad un episodio a cui ho assistito in montagna, per la precisione in val Pusteria, vicino a Dobbiaco (BZ).
Sono le 11, per una volta io e mio marito abbiamo deciso di uscire dalla valle di Heidi, dove le caprette ti fanno ciao, per ritornare in mezzo ai nostri simili, gli umani.
E abbiamo deciso di andare a vedere il cimitero di guerra di Monte Piana dedicato ai caduti della Prima Guerra Mondiale.
Il cimitero è piccolo, molto ben tenuto, immerso in un bosco sulla riva di un fiume. Per accedervi si lascia la macchina in uno spiazzo sterrato e, passato un ponte sul fiume, si entra nel cimitero e si sale una scalinata per raggiungere la piccola cappella all'aperto. Le croci piantate nel terreno, in ferro battuto, portano i nomi di 1.259 giovani spezzati dalla guerra. Sono seppelliti a coppie, forse chissà, per non far sentire loro la solitudine nel riposo eterno.
Un luogo di quiete, di pace, di rispetto e silenzio... Silenzio? Ho detto silenzio?
Eh no...non qui, non questa volta.
Nel parcheggio troviamo un pullman targato Reykjavik, Islanda. E nel cimitero...i barbari!
Una cinquantina di persone di tutte le età, dai 30 agli 80 anni circa, stanno pasteggiando allegramente sulle tombe dei caduti. Sì, avete capito bene: stanno mangiando in un cimitero. Borse di plastica appoggiate sulle tombe, per potersi sedere senza sporcarsi i vestiti (per carità, non sia mai!), le bottiglie di Coca Cola appoggiate sopra le croci, questo gruppo di "persone " ride e scherza tra un boccone e l'altro.
Ora mi spiego il signore romano che ho incrociato mentre stavo entrando! Aveva una macchina fotografica in mano e diceva alla moglie "E' indecente, queste foto faranno il giro del mondo!"
Conoscevo l'abitudine di mangiare con i defunti, ma di solito sono i propri morti, e lo si fa tra familiari, perchè così si possa sentire il parente ancora presente, come se fosse in vita. Lo spettacolo a cui ho assistito non aveva nulla di religioso o commemorativo...
E poi dicono di noi italiani!

Ok, torniamo da Heidi e dalle caprette, che è meglio!

lunedì 31 agosto 2009

Strano ma vero...e la risposta esatta è...

La numero due! I corpi delle defunte venivano assisi su seggiolini in muratura: la carne si decomponeva, gli umori venivano raccolti in appositi recipienti e gli scheletri essiccati venivano ammucchiati nell’ossario. Ogni giorno (!) le monache si recavano in preghiera di fronte ai seggiolini, contraendo spesso, dato l’ambiente malsano, gravi malattie, sovente mortali (!!).
Il tutto per evidenziare l’inutilità del corpo come semplice contenitore dell’anima…

Dimenticavo…al vincitore (Sergio che per primo ha indovinato la soluzione) va un soggiorno premio di 7 giorni all’interno del cimitero della Clarisse presso il Castello Aragonese di Ischia…da passare in preghiera di fronte ai menzionati seggiolini, ovviamente (tranquillo Sergio, di monache non ne è rimasta nemmeno una…)
Aggiungo che una volta usciti dal cimitero la vista è molto bella...

mercoledì 26 agosto 2009

Il quiz di fine estate...strano ma vero

L’estate sta finendo ed è tempo di resoconti…in attesa di un prossimo post su alcuni luoghi visitati durante le vacanze ecco un piccolo quiz.

Nel castello aragonese di Ischia (vd. foto) si trova un cimitero delle monache clarisse…
La domanda è: che cosa succedeva alle monache decedute?

1) Il corpo veniva lasciato per una settimana in una vasca all’interno del cimitero con le mani legate giunte in preghiera: il corpo “purificato” veniva quindi avvolto in grandi rosari, confezionati appositamente dalle monache, e gettato in mare tramite un apposito “scivolo”

2) Il corpo veniva posto su seggiolini di pietra, sino alla completa decomposizione. Ogni giorno le monache si recavano in preghiera di fronte ai seggiolini a meditare sulla morte.

3) Le suore tenevano a turno per una settimana il corpo della defunta in ginocchio, in atteggiamento di preghiera, ai piedi dell’altare della chiesa: dopo una settimana, quello che rimaneva della defunta veniva riposto in apposite urne

4) Non si ricorda nessuna suora deceduta nel convento…la leggenda vuole che, grazie alle continue preghiere e alla vita retta condotta dalle monache, queste abbiano trascorso in vita e in buona salute tutto il periodo di permanenza nel castello. Il cimitero venne costruito “pro forma”, per ricordare loro la caducità dell’esistenza, ma in realtà nessuna suora vi fu mai sepolta.

Solo una è la risposta corretta…quale?

lunedì 27 luglio 2009

Da grande farò....

Ho sempre pensato che un’iniziativa molto utile da attuare a scuola sarebbe quella di spiegare agli alunni vicini all’ingresso nel mondo del lavoro alcune delle principali figure che si riscontrano negli annunci di lavoro (es: account, business analyst, controller, addetto stampa, ecc.).
Scorrendo gli annunci di lavoro si trova infatti una vera miniera di informazioni.

Così, ad esempio, scopriamo che esiste lo “STRESS ANALYST”, il cui ruolo, lo ammetto, mi risulta oscuro anche dopo aver letto la descrizione fornita: “La risorsa si occuperà di attività di progettazione legate ad analisi a fatica per clienti operanti nel settore aeronautico e metalmeccanico. Il lavoro verrà svolto sia in sede che presso le aziende svolgendo attività di engineering e supporto pre e post-sale alla clientela”.

Vado avanti e scopro che esiste l’"ASSUNTORE" (che mi ricorda gli untori del Manzoni o al massimo qualcuno che lavora nelle risorse umane), ma che nulla ha a che vedere con questi ultimi, avendo piuttosto a che fare con le polizze assicurative e poi il "METODISTA", che nulla ha a che vedere con il metodista che tutti abbiamo in mente: quello dell’annuncio infatti “si occuperà di gestire la standardizzazione ed il consolidamento dei processi produttivi, assicurando il raggiungimento degli obiettivi di Efficienza produttiva, Qualità interna e Lean Manufacturing” (le maiuscole sono originali, in barba alle regole sulle maiuscole della grammatica italiana).

Non c’è che dire: si potrebbe scrivere un bel manuale o, in alternativa, si potrebbero utilizzare queste figure nei giochi a quiz:
-Intervistatore: “Che cos’è uno STRESS ANALYST?…Ha 1 minuto per rispondere...Ecco le opzioni: A: uno psicologo specializzato nel curare i lavoratori stressati; B: uno strumento che si attacca agli attrezzi presenti nelle palestre – tapis roulant, vogatori, spinner, per valutare lo stato di salute dell’atleta”…e così via…

Una volta i bimbi sognavano di fare l’inventore, il calciatore, l’astronauta…qualcuno dovrà pur dire loro che su Monster questi lavori proprio non si trovano!

giovedì 23 luglio 2009

Form-aggio, form-ine, form-azione..forma che?

Questa settimana mi è tornato in mente il bel film uscito qualche anno fa intitolato “Volevo solo dormirle addosso” (per chi non lo conoscesse qui c'è il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=trYrskfTuHA)

Il protagonista è il giovane responsabile formazione di una azienda ICT del milanese: amato dai colleghi (che considerano il suo lavoro forse un po’ inutile ma in fondo simpatico), termina tutti i suoi interventi con un “vi stimo molto”.
Le cose cambiano quando il giovane diventa responsabile delle risorse umane (un ruolo, questo sì, da tutti ritenuto “serio”) con il compito di tagliare teste…

Ecco, l’atteggiamento nei confronti della formazione (training, tanto per usare il termine inglese che è più modaiolo) che si vede nel film, mi pare rispecchi bene la realtà italiana: formazione come attività “simpatica” che sulla carta molte aziende fanno, ma sulla cui utilità vengono nutriti non pochi dubbi.

Mi sembra che alla base di questo atteggiamento vi sia un equivoco: il problema non è nella formazione in sé, quanto nel modo in cui essa viene concepita e realizzata: nessun progetto a lungo termine, nessuna indagine (seria) con i destinatari per capire le loro reali esigenze.
Non sarà forse che anche a causa della mobilità che caratterizza l’attuale mercato del lavoro (quante persone conoscete che sono rimaste presso la stessa azienda più di 5 anni?) le aziende non reputano utile/efficiente investire davvero nella formazione?
Eppure fatico a pensare a settori nei quali la formazione e l’aggiornamento non siano importanti (e questo sia nel pubblico, sia nel privato).

Tra l’altro oggi le tecnologie ICT ci consentono di svolgere attività di formazione in modo molto più agevole rispetto al passato, facilitando inoltre la partecipazione attiva degli utenti (che può prolungarsi nel tempo e nello spazio al di fuori dei confini della formazione “in aula”). Ancora una volta però non bisogna cadere nell’equivoco: la tecnologia non è sufficiente: senza un progetto serio alla base, le sue potenzialità sono seriamente compromesse.

Fare formazione nel modo in cui si tende a farla oggi mi sembra il sistema migliore per squalificare questo utile strumento: dire “vi stimo molto” non basta.

venerdì 17 luglio 2009

Tanto rumore per...

La notizia è stata riportata sui giornali di mezzo mondo (anche sull'autorevole Financial Times) ed è arrivata anche in Italia.
Che cosa è successo? Un ragazzino di 15 anni, che sta facendo uno stage estivo negli uffici londinesi della celebre Morgan Stanley (15 anni..stage estivo a Morgan Stanley!!!), alla richiesta di descrivere come lui utilizza la tecnologia, ha scritto un rapporto che ha talmente “intrigato” i lettori da essere pubblicato dalla stessa Morgan Stanely e – così dicono – essere richiesto da manager e amministratori delegati di aziende che si occupano dei media e delle sue evoluzioni (una delle note più lette in assoluto tra quelle pubblicate da Morgan Stanley, hanno dichiarato alla stessa Morgan Stanley).

La domanda sorge spontanea: che cosa avrà mai detto di così interessante un bambino di 15 anni da intrigare analisti e manager lautamente pagati che tutti i giorni “smanettano” dati, cifre, ecc e da meritare il titolo di “nuovo guru dei media”, come hanno titolato alcuni giornali?

Ho letto il documento e mentre lo leggevo mi chiedevo come manager super pagati potessero trovare qualche elemento “sorprendente” in questo racconto che presenta molte delle componenti che chiunque abbia a che fare con dei ragazzi di quell’età conosce (es: i giovani non leggono i giornali..ad eccezione di quelli gratuiti che trovano sui bus o nel metro..i giovani non amano la pubblicità su Internet..la trovano inutile, ecc.). Eppure questi manager commissionano ogni giorno ricerche ed indagini proprio per capire come i giovani utilizzano i media!

A questo punto una seconda domanda sorge spontanea: questi manager osservano mai i propri figli giocare/studiare/ecc., Parlano mai con loro? Ho la sensazione che se passassero meno tempo in riunioni, spesso inutili ed inconcludenti e più tempo a casa con i propri figli, forse, qualche cosa la imparerebbero anche loro (e gratuitamente!).

P.S.: Per chi fosse interessato, ecco il link al documento:
http://media.ft.com/cms/c3852b2e-6f9a-11de-bfc5-00144feabdc0.pdf

giovedì 16 luglio 2009

C’ero e non me ne sono accorto

Ne “L’America in pugno”, l’economista Susan George sostiene che l’arrivo alla Casa Bianca di un Presidente democratico (quando il libro è andato in stampa non si conosceva ancora il nome del successore di Bush) difficilmente potrà portare ad un profondo cambiamento nella politica americana.

Questo per via del fatto che, secondo l’autrice, negli ultimi anni la destra americana è stata molto abile nel costruire una ideologia forte (investendo nelle idee tramite finanziamenti a fondazioni, supporto a brillanti studiosi, una efficace politica nei confronti dei media e nel marketing delle proprie idee) arrivando ad “impadronirsi” (uso il termine indicato dall’autrice) di “istituzioni, cultura, economia”.

Un’osservazione del libro mi ha particolarmente colpita: “i progressisti, che probabilmente confidavano troppo nella forza e nella correttezza delle proprie idee, si resero conto del pericolo con inaudito ritardo,disdegnando il confronto con i neoconservatori fino a quando questi ultimi non ebbero già vinto la battaglia” (S. George, "L’America in pugno. Come la destra si è impadronita di istituzioni, cultura, economia”, Feltrinelli, 2008, p.38).

Mi sembra che questa affermazione si applichi bene anche al contesto italiano. Mi sembra che la nostra sinistra negli ultimi anni si sia caratterizzata proprio per un atteggiamento spocchioso, di superiorità, di eccessiva confidenza nelle proprie idee. Ma la società cambia, le esigenze ed i problemi cambiano: i valori di fondo restano quelli nei quali crediamo, ma il pensare che le idee che ne conseguono non necessitino mai di essere argomentate e discusse (non tanto e non solo a livello di partito, ma soprattutto con e nella società) mi sembra un esempio di miopia acuta.

lunedì 13 luglio 2009

Etica? Per tutti ma non per noi!

In occasione del G8 abbiamo sentito più volte pronunciare il termine “etica”: norme etiche, etica in economia, ecc.
Il tutto con riferimento all’economia mondiale, alla necessità che scandali come quelli successi in questi ultimi mesi e che hanno avuto forti ripercussioni sull’economia internazionale non si ripetano…

A quanto ci dicono i giornali, l’Italia ha fortemente insistito su questo binomio: etica ed economia. A questo punto una considerazione sorge spontanea. Ma come, proprio NOI parliamo di etica? Noi che abbiamo assistito a scandali e malversazioni in ambito privato (vd. casi Cirio e Parmalat, tanto per citarne due) e che ogni giorno paghiamo, come ci ricorda ogni anno con grande chiarezza la Corte dei Conti, una “tassa immorale ed occulta” a causa del fenomeno “diffuso e rilevante” della corruzione nella Pubblica Amministrazione?

NOI parliamo di etica?…Noi, che avendo ancora bene in mente le inchieste Mani Pulite sorridiamo al sentire che un politico di un altro paese europeo ha chiesto pubblicamente scusa per aver messo in nota spese ben 5 film a pagamento (dei quali due porno visti dal marito)?

Insomma non mi sembra che in quanto ad etica (sia in economia, sia in politica…che poi in fondo sono aspetti strettamente legati, mi sembra) noi siamo dei best-case a livello internazionale…ma forse, come sempre, l’invito era rivolto ad altri e noi potremo continuare così come è sempre stato…

martedì 7 luglio 2009

Humour inglese

Sto assistendo ad un bombardamento telematico: per qualche problema informatico, a me e a tutti i miei colleghi di lavoro, stanno arrivando nella casella di posta aziendale, nello stesso istante, decine di mail (aziendali) tra le quali:

1) ringraziamenti per un regalo di matrimonio da parte di ex dipendenti (che ringraziavano tutti i colleghi di allora), con tanto di foto allegata della coppia felice in Vespa
2) informazioni di dimissioni di persone che non lavorano più nell'azienda da 8 anni
3) mail di un collega alla ricerca disperata di una rivista che gli serviva per motivi di lavoro (nel lontano 2002)

Si tratta di mail che stanno arrivando a tutti i dipendenti dell'azienda ...e considerando quello che a volte scriviamo nelle mail (a proposito di colleghi, capi, ecc.) quello che sta succedendo potrebbe avere effetti devastanti...

In questa situazione è consolante sapere che il collega (inglese) autore involontario di questo bombardamento ha mantenuto il sangue freddo. Interpellato dalla sottoscritta che gli chiedeva se fosse a conoscenza di quanto stava avvenendo ha risposto via instant messanger: "Sì grazie lo so...Anzi, ci sono un po' troppi colleghi online in questo momento (ovvero: un sacco di gente sta assistendo in diretta al bombardamento che sto involontariamente provocando )..il tutto condito da una emoticon...

Ah impareggiabile humour inglese...a questo punto attendiamo
con impazienza di leggere la sua mail ufficiale di scuse tra qualche ora...sempre ammesso che nel frattempo, dopo che le nostre mail saranno state lette da tutta l'azienda, noi siamo ancora qui....

sabato 4 luglio 2009

Il girone che Dante si è dimenticato…

Se ai suoi tempi fossero esistiti, Dante avrebbe dedicato loro almeno un girone del suo Inferno.

Loschi figuri, che per mesi, anni, testardi, perseverano nel dedicarsi a viaggi impossibili ad ore impossibili, con un corredo di bagaglio che va dalla cartellina ultraleggera alla valigia porta computer, porta abito, porta tutto del peso minimo di 6 kg.

Loschi figuri che strabuzzando gli occhi cercano di decifrare i numeri che compaiono sui nuovi - quanto irrimediabilmente scomodi - display con gli orari (il carattere Tahoma 8 a distanza di più di un metro si fa fatica a leggere a meno di avere una vista alla Superman!), mentre l’altoparlante diffonde notizie di intervistatori IPSOS incaricati di svolgere indagini sulla qualità del servizio ferroviario che in tanti anni nessuno ha mai incontrato (smarriti, come il materiale rotabile?)

Loschi figuri che una mattina di luglio, con temperatura esterna di 16 gradi rischiano l’ibernazione perché “l’aria condizionata non si può regolare…è così, o tutto o nulla”…e come i bastoncini Findus nella cella frigorifera guardano fuori dal finestrino il caldo sole che splende sui campi di grano, mentre altri loschi figuri, pochi metri più in là, all’interno di una sauna finlandese maleodorante, grondanti di sudore, sognano il ragazzo della Coca Cola della pubblicità (mica, lui, quanto la Coca Cola ghiacciata!). Ma qualche losco figuro ha trovato la soluzione: 10 minuti di qua, 10 minuti di là…gelo, caldo tropicale, caldo tropicale, gelo…un’ora così e una settimana a letto è assicurata.

Non c’è dubbio: se fossero esistiti ai suoi tempi, a questi loschi figuri Dante avrebbe dedicato un girone del suo Inferno…già, perché per meritare tutto questo i loschi figuri avranno commesso crimini efferati, peggiori di quelli dei sodomiti, dei lussuriosi, dei barattieri e di tutta quella allegra combriccola che popola l’Inferno!

Caro Dante, senti un po'...visto che come ci insegna la pubblicità hai il rotolone della carta igienica sempre a portata di mano, perché non ci fai un pensierino?

mercoledì 1 luglio 2009

Boing!..Non solo per bambini

Cari amici nati negli anni '70, ecco un esperimento per voi.
Prendete il telecomando del decoder digitale terrestre e sintonizzatevi su Boing, il canale gratuito per ragazzi di Mediaset. Che cosa troverete su questo canale? Tra gli altri, Mila e Shiro, il Tulipano Nero, Scooby-Doo e altri titoli simili...vi ricordano niente?

Sì, proprio così...i cartoni animati dei nostri tempi. Accanto a titoli e serie nuovi sono lì, gli intramontabili, quelli con i quali abbiamo trascorso diverse ore del nostro tempo (magari sognando di poter stupire tutti durante la partita di pallavolo a scuola replicando il servizio a "fiocco di neve" di Mila)...

Non è una novità, direte voi: spesso la televisione ripropone vecchi titoli per risparmiare. Vero, ma c'è dell'altro. Già, perché trasmettere gli "intramontabili" significa spesso assicurarsi anche un buono share di ascolti: sì, perché la mamma o il papà dei pargoli di oggi (che poi sono i nostri amici/coetanei nati negli anni '70) saranno forse un po' meno restii a "piazzare" il proprio figlio di fronte alla televisione per qualche decina di minuti se conoscono esattamente quello che c'è aldilà dello schermo...

Senza dimenticare poi che gli intramontabili, seppure certamente un po' superati sul fronte della grafica, degli effetti speciali, ecc, qualcosa da dire forse ce l'hanno ancora.

Che il successo di un canale come Boing sia dovuto anche in parte agli amici nati negli anni '70? Io sospetto di sì...

martedì 30 giugno 2009

Il silenzio è d'oro!

A volte si parla dei beni rari dell'umanità. Si dice che le guerre del futuro saranno per l'acqua, nei romanzi inglesi dell'800 si narra delle favolose colonie, ricche di miniere d'oro e di diamanti. Al telegiornale non si parla che di petrolio.
Io metterei il SILENZIO come bene raro e da tutelare.
Pensiamoci bene: quanti di noi possono godere del silenzio vero, totale, almeno per un'ora al giorno?

sabato 27 giugno 2009

Statistiche familiari

Ecco una statistica facile da indovinare…: in media, quanto tempo una famiglia trascorre insieme al giorno?
Da uno studio condotto in Gran Bretagna (ma i risultati “nostrani” non penso siano molto diversi) la risposta è: 45 minuti al giorno.

Dato che non sorprende se si pensa che: 1) sempre più spesso anche la madre lavora; 2) i figli sono sempre più sovente impegnati in attività extrascolastiche (piscina, calcio, la scuola di musica, ecc.), anche per via della necessità, per i genitori che lavorano, di “sistemare” i figli mentre loro sono fuori casa; 3) i televisori in casa si sono moltiplicati, con il risultato che difficilmente la famiglia si trova riunita, dopo cena, come una volta, di fronte al televisore; 4) al consumo mediatico tradizionale (tv, radio, cinema, ecc.) si sono aggiunti, per quanto riguarda i figli, i “nuovi consumi”: Internet, consolle, ecc., che di norma vengono fruiti in modalità “singola”, ossia separatamente dal resto della famiglia.

Che fare? Ottimizzare quei 45 minuti verrebbe da dire…che poi tradotto significa ottimizzare il tempo che la famiglia trascorre seduta a tavola (perché è qui che si concentra il poco tempo passato insieme).

E perché non aggiungere a questa ricetta anche altro? Es: organizzare il week-end in modo da prevedere attività per tutta la famiglia (gite, visite, passeggiate, ecc.) o cercare di condividere con i figli alcune delle attività che di norma vengono fruite singolarmente (es: cercare di ritagliare un po’ del proprio tempo per navigare con loro o per giocare insieme con la console o per farsi coinvolgere in quei giochi che a noi sembrano strani ed astrusi quanto strani ad astrusi sembravano ai nostri genitori quelli che facevamo noi durante l’infanzia…)?
Si accettano suggerimenti…

mercoledì 24 giugno 2009

Messaggi pericolosi

Il Moige (Movimento Italiano Genitori) ha preso posizione contro lo spot della Rocchetta in cui vengono paragonate Cristina Chiabotto e una ragazza meno alta-magra di lei, che viene sbeffeggiata da altre fanciulle (http://www.genitori.it/documento.asp?sotto=36&articolo=8692).
Fin dal principio ho trovato molto brutta questa pubblicità e mi sono interrogata su come una mente in fase di sviluppo possa interpretarla.
Io, adulta, posso forse cogliere il lato ironico della situazione e commentare: ah, be' allora quest'estate mi bevo una cassa di Rocchetta al giorno e divento come la Chiabotto...ma fatemi il piacere!
Ma una ragazza o una bambina, che magari non ha nessuno che possa aiutarla a decodificare il messaggio?
Vengono i brividi solo a pensarci!

domenica 21 giugno 2009

Italia-Brasile: 0-3. Fato o libero arbitrio?

Il calcio, si sa, è "lo sport" in Italia. Curioso, dunque, è vedere come nel calcio si ritrovino atteggiamenti tipici del nostro modus vivendi.

L'Italia ha perso questa sera contro il Brasile: ha giocato male, senza motivazione...La causa di tutto ciò? "Siamo arrivati qui fisicamente non molto preparati"...

Quante volte ho già sentito questa scusa? E' possibile, dico io, che gli avversari arrivino sempre fisicamente più preparati di noi o siano sempre di stazza superiore alla nostra (quasi che l'Italia fosse un paese di nani e mingherlini e che un destino crudele ed immutabile ci colpisse ogni volta, condannandoci ad essere sempre fisicamente inferiori) E che cosa significa essere arrivati fisicamente poco preparati? Vuol dire che si sono allenati poco? Vuol dire che alla fine del campionato sono troppo stanchi? E allora mettiamoci il cuore in pace e facciamoli giocare alla bocciofila comunale (dove peraltro rischieranno di essere battuti da anziani assai arzilli...!).

In alternativa potremmo dire chiaro e tondo che abbiamo giocato male, che i giocatori non si sono impegnati, che l'allenatore ha sbagliato (e magari prendere qualche iniziativa al riguardo)...Probabilmente alla base di una sconfitta ci sono più motivazioni, ma l'addurre come giustificazione motivazioni che sembrano chiamare in causa un qualche destino/fato immutabile fuori dal nostro controllo mi sembra davvero troppo.

Il dibattito sul fato e sulla sua influenza sulle vicende umane è molto antico: il riconoscimento della capacità dell'uomo di influire sul proprio destino mi sembra una delle grandi conquiste del pensiero. L'atteggiamento di comodo che vedo così diffuso nella nostra società e consistente nell'allontanare la responsabiità personale, nel diluirla a tal punto da rendere impossibile l'identificazione delle colpe e degli errori personali mi sembra un enorme passo indietro...

domenica 14 giugno 2009

Ciao Alfredino

Oggi una trasmissione televisiva ricordava la vicenda del piccolo Alfredo Rampi.
Era il giugno 1981: nonostante all’epoca avessi solo 7 anni ho dei ricordi abbastanza chiari di quella triste storia.
In particolare, l’immagine che non scorderò mai è la foto che circolava allora sui giornali e in tv: un bimbo sorridente con una canotta a righe…

La trasmissione ha ripercorso passo per passo tutte le fasi della vicenda: l’annuncio della notizia che un bambino di 6 anni era caduto in un pozzo vicino a Roma, i tentativi di recuperarlo e infine il triste epilogo.

Tanti gli spunti di riflessione: errori nei tentativi di recupero, il ruolo della televisione (la lunga diretta dell’evento porta alcuni a definirlo il primo reality italiano), la scelta di dare così largo spazio a quell’evento mentre nel paese, in quei giorni succedevano altri fatti importanti (crisi di governo, sequestro da parte delle Brigate Rosse, pubblicazione dei nomi degli aderenti alla P2..) e ancora i dubbi successivi al recupero (dopo oltre un mese) del piccolo corpo e i sospetti di una morte non accidentale, ma provocata.

Probabilmente non sapremo mai tutta la verità sulla storia di Alfredo..ma mentre guardavo quelle scene e sentivo in diretta i lamenti del piccolo Alfredo o Alfredino come tutti lo chiamavano, mi chiedevo solo una cosa: possibile che con i mezzi tecnologici dei quali disponevamo allora non si sia riusciti a fare nulla? Siamo riusciti a mandare uomini sulla luna ma non siamo riusciti a recuperare un bimbo caduto in un pozzo..

Alla fine di tutto, di tutti i dubbi, di tutti gli errori resta la profonda tristezza, il senso di vuoto della morte assurda di un piccolo bimbo di 6 anni.
http://www.youtube.com/watch?v=zXfw9m_NsHU

lunedì 8 giugno 2009

Va ora in onda...

Cinegiornali, spezzoni di film e testimonianze dirette di persone (attori, sociologi, critici cinematografici, giornalisti, ecc.) che ricordano l’Italia degli anni 50-60-70, il tutto condito da una narrazione agile, divertente…
Questo è in sintesi “Anni Luce”, il programma in onda su La7 la domenica alle 13.

Diversi i temi affrontati: cucina, viaggi, omosessualità, modo di vestire, ecc. Un modo originale di raccontare l’Italia…curioso soprattutto per chi, come la sottoscritta, non ha vissuto in prima persona quegli anni.
Qualcuno lo potrebbe definire un esempio di storia minore..ma sempre storia…storia del costume, di come eravamo.

Unica pecca forse la qualità non sempre adeguata di coloro che intervengono con i loro racconti…con un po’ di autorevolezza in più il risultato sarebbe davvero notevole… Aldilà del giudizio sulla trasmissione in sé resta poi la validità dell’idea di fondo: la possibilità di raccontare un paese da punti di vista diversi da quelli della storia tradizionale, di riscoprire materiali, fonti e documenti dimenticati per anni in qualche polveroso magazzino o più semplicemente nella memoria storica delle persone, e che, inseriti nel giusto contesto narrativo, hanno ancora tanto da raccontare…

W l'estate!

Sì, W l'estate, sole, mare, vacanze e NIENTE REALITY!!! Non so voi, ma io adoro la programmazione televisiva estiva.
Oggi davano "Come sposare un milionario" (1953) con la mitica Marylin e poi Lauren Bacall e l'America anni '50...

Un paio di sere fa c'era "Ieri oggi e domani" (1963) diretto da De Sica (PADRE!), con la Loren e Mastroianni.
Ossigeno per il cuore, gli occhi e il cervello!

domenica 7 giugno 2009

Quelli che..LORO lavorano anche nel week-end

Mi è successo diverse volte di dover lavorare nel week-end. E non me ne vanto..

Già perché il dover ammettere di fronte a se stessi - o di fronte ai colleghi il lunedì mattina alla macchinetta del caffè - che si è passato il week-end o parte di esso a lavorare, non è motivo di vanto. Eppure ci sono persone che si premurano di far sapere a tutti che LORO, loro sì hanno lavorato durante il week-end, quasi che questo fosse prova di estrema professionalità ed efficienza.

Già perché nell’Italia lavorativa la considerazione nei confronti delle persone sembra si misuri non in funzione dell’efficienza, quanto piuttosto delle ore che una persona rimane seduta alla scrivania.

Ricordo che anni fa, in una nota azienda, tutti i dirigenti si recavano in ufficio il sabato mattina (nonostante l’orario di lavoro terminasse regolarmente il venerdì alle 18). Eppure tutti ci andavano. Giunti in ufficio si sedevano alla scrivania e aprivano il giornale, che leggevano fino alle 12. Allo scoccare delle 12 richiudevano il giornale e tornavano a casa. Una legge non scritta dell’azienda stabiliva che tutti i dirigenti dovessero recarsi in ufficio anche il sabato mattina, pena l’onta di essere additati di fronte a tutti come scansafatiche.

Questa legge non scritta non è servita ad evitare all’azienda performance alquanto deludenti nel corso degli anni…nonostante questo, nell’Italia lavorativa, nessuno sembra voler mettere in dubbio la validità di questa e di altre simili leggi non scritte.

P.S.: a causa del lavoro ho trascurato in questi ultimi giorni il blog e i post delle amiche…me ne scuso (e certamente non me ne vanto!)

venerdì 5 giugno 2009

I viaggi de "Ilportapenne". Ottava tappa: Lunigiana

Terra di confine la Lunigiana, un lembo di Toscana che, sovrastato dall'Emilia, si appoggia sulla Liguria. Tra un paese e l'altro, a pochi Km di distanza, cambiano addirittura gli accenti che ricordano, ma solo vagamente, tutte e tre le parlate.
Appena arrivati potete aprire i polmoni a tanta aria fresca e pulita e godervi la stagione.
Quella che è!
Perché in Lunigiana tutto è come dovrebbe essere. L'inverno freddo gelido con un po' di neve, la primavera con tanti fiori profumati e le gemme sugli alberi, l'estate calda e piena di sole e l'autunno frescolino e piovoso.
Ovunque castelli medievali. Potete perdervi nei borghi silenziosi perché questa non è la Toscana turistica della Torre di Pisa, per intenderci. Qui potete davvero chiudere gli occhi e sentire il Medioevo.
E la notte è buia e silenziosa, come dovrebbe essere appunto. Se avete un telescopio è il massimo: provate a guardare il cielo e troverete una ragione per vivere!

Quiz - 2

Visto che siete così bravi a risolvere i quiz, e io ci sto prendendo gusto a sottoporveli (!!!), provate con questo (è semplice come o più del precedente).

Quale numero completa la serie?

1, 2, 6, 42, 1806, ?????

giovedì 4 giugno 2009

Quelli che...LORO lavorano!

Capita spesso a scuola che i genitori non siano presenti agli incontri con i professori. Ora, io dico, ci sono due incontri all'anno organizzati di pomeriggio con orario lunghissimo (14:00-19:00), poi ogni insegnante da ottobre a maggio ha un'ora di ricevimento settimanale ed è eventualmente disponibile ad appuntamenti durante le ore buche, anche telefonicamente. Con tutto questo com'è possibile che un genitore non trovi il tempo di andare a sentire quali sono i problemi di suo figlio, magari già ripetente e prossimo a bissare l'esperienza? Se li chiami al telefono ti rispondono "Non posso venire a colloquio, perché IO lavoro!" Gulp! Forse ti ho invitato ad una festa? Forse l'educazione di un figlio si esercita solo nel tempo libero? Tristezza ragazzi!

Quelli che...loro soffrono più degli altri!

Non so voi, ma io quando sento dire: "Non potrei mai alzarmi così presto la mattina. Sai, io soffro a non dormire!" oppure: "Il fatto è che io soffro particolarmente il caldo!", mi viene un po' di acidità. No, perché io credo che tutti noi soffriamo il caldo umido, afoso, inquinato delle città, per non parlare della mancanza di sonno! E' solo che alcuni non hanno scelta, mentre altri possono permettersi di fare i capricci!

mercoledì 3 giugno 2009

AUGURI!

Alla nostra instancabile Beth, ovvero la donna le cui giornate durano 60 ore (altrimenti non si spiega) ... BUON COMPLEANNO!!!

martedì 2 giugno 2009

Lungo le rive del Po

Passeggio lungo le rive del Po: l’ombra degli alberi riflessa nell’acqua, gli uccelli, lo sciabordio dell’acqua, i remi dei canottieri che sfidano la corrente.

La scena evoca i racconti di Maupassant e i dipinti di Renoir…tutto è calma, ma allo stesso tempo vita e colore. I pensieri e le preoccupazioni sono lontane…
Perché questa natura esercita su di noi esseri umani una funzione “catartica”?

Forse perché appare così calma, pacata e dunque lontana dai rumori, dagli stridori della vita quotidiana.
Eppure al di sotto della superficie, così tranquilla, c’è un’esistenza frenetica, fatta anche di lotta per la sopravvivenza, di difesa dei propri spazi naturali.

Ma se è così e se noi umani ci potessimo per un attimo addentrare nel profondo di questa realtà nascosta, la natura cesserebbe di esercitare su di noi la sua funzione catartica?

Forse è come per gli astronauti che contemplano la Terra da lassù…e da lassù tutto appare bello, tranquillo, armonico.

domenica 31 maggio 2009

Geometria

Pitagora sosteneva che la natura è permeata di matematica. Ecco un bell'esempio di "geometria naturale"! Il titolo della foto?
Ovviamente C = 2 x 3.14 x r