mercoledì 15 settembre 2010

Il business del "gratis"

Può il gratis portare profitti? Questa è una delle domande alle quali risponde Chris Anderson, nel suo ultimo libro intitolato, per l’appunto, “Gratis”*.

Il libro analizza la diffusione del “gratis” in rete (sia in forme legali – ad es. la disponibilità di Google Docs in sostituzione di Microsoft Word - sia in forme illegali quali la pirateria di musica e video). Tale diffusione ha avuto effetti dirompenti (pensiamo alla crisi dell’industria discografica) e in molti casi ha determinato la necessità, per gli attori coinvolti, di reinventarsi il proprio ruolo nella catena del valore.

Significativa a questo proposito una dichiarazione di Enzo Mazza, Presidente della Federazione Industria Musicale Italiana che ad Economy del 15 settembre racconta come le case discografiche “si sono trasformate da record company in music entertainment company ed oggi sono un soggetto molto diverso da due o tre anni fa: la musica resta l’asset principale ma i ricavi dal prodotto fisico lasciano sempre più spazio a quelli che provengono da diverse aree di business” (alcune etichette, adottando un approccio più ampio all’esperienza musicale, sono entrate nel business dei concerti e del merchandise o si stanno focalizzando sempre più su strumenti quali You Tube e le reti di social networking nel tentativo di valorizzare l’esperienza musicale).

Modifiche del business model che spesso richiedono tempo, nuove risorse, cambiamenti di mentalità, e che pertanto non sono facili da attuare: tuttavia, ed è questo uno degli aspetti suggestivi del libro di Anderson, il gratis non è soltanto un elemento di distruzione di valore – come potrebbe sembrare a prima vista – ma anche uno strumento tramite il quale si può arrivare, a determinate condizioni, al profitto. Offrire contenuti (video, musica, ecc.) gratis può consentire di arrivare, anche se in modo indiretto rispetto al passato, al profitto (vd. taluni artisti musicali che decidono di rendere disponibili i loro brani gratis o a prezzi molto contenuti allo scopo di allargare il più possibile la base degli utenti, alla quale poi andare ad offrire altri “servizi”).

Un altro esempio può essere costituito dai video dei cartoni animati: fino a poco tempo fa, molti cartoni animati erano disponibili soltanto sulle reti televisive a pagamento: in poco tempo, quegli stessi contenuti sono arrivati sulle reti di file sharing. Che cosa è successo? Il bimbo, affascinato dal suo piccolo eroe, sarà particolarmente incline a chiedere ai genitori di portarlo al cinema a vedere il film che lo vede protagonista, così come a chiedere il gioco del suo piccolo eroe che nella maggior parte dei casi costerà come qualche mese di abbonamento alla televisione a pagamento. Profitti indiretti appunto, ma sempre profitti…Resta però un’altra questione per il player di mercato che perde i profitti con il gratis: fare in modo che i profitti tornino indietro, sotto altre forme, a lui e non ad altri player di mercato…una sfida non facile.

*C. Anderson,Gratis,Rizzoli, Milano, 2009.

1 commento:

Lisa ha detto...

Poco ma sicuro, se c'è scritto "gratis", qualcuno abbocca sempre!