giovedì 23 luglio 2009

Form-aggio, form-ine, form-azione..forma che?

Questa settimana mi è tornato in mente il bel film uscito qualche anno fa intitolato “Volevo solo dormirle addosso” (per chi non lo conoscesse qui c'è il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=trYrskfTuHA)

Il protagonista è il giovane responsabile formazione di una azienda ICT del milanese: amato dai colleghi (che considerano il suo lavoro forse un po’ inutile ma in fondo simpatico), termina tutti i suoi interventi con un “vi stimo molto”.
Le cose cambiano quando il giovane diventa responsabile delle risorse umane (un ruolo, questo sì, da tutti ritenuto “serio”) con il compito di tagliare teste…

Ecco, l’atteggiamento nei confronti della formazione (training, tanto per usare il termine inglese che è più modaiolo) che si vede nel film, mi pare rispecchi bene la realtà italiana: formazione come attività “simpatica” che sulla carta molte aziende fanno, ma sulla cui utilità vengono nutriti non pochi dubbi.

Mi sembra che alla base di questo atteggiamento vi sia un equivoco: il problema non è nella formazione in sé, quanto nel modo in cui essa viene concepita e realizzata: nessun progetto a lungo termine, nessuna indagine (seria) con i destinatari per capire le loro reali esigenze.
Non sarà forse che anche a causa della mobilità che caratterizza l’attuale mercato del lavoro (quante persone conoscete che sono rimaste presso la stessa azienda più di 5 anni?) le aziende non reputano utile/efficiente investire davvero nella formazione?
Eppure fatico a pensare a settori nei quali la formazione e l’aggiornamento non siano importanti (e questo sia nel pubblico, sia nel privato).

Tra l’altro oggi le tecnologie ICT ci consentono di svolgere attività di formazione in modo molto più agevole rispetto al passato, facilitando inoltre la partecipazione attiva degli utenti (che può prolungarsi nel tempo e nello spazio al di fuori dei confini della formazione “in aula”). Ancora una volta però non bisogna cadere nell’equivoco: la tecnologia non è sufficiente: senza un progetto serio alla base, le sue potenzialità sono seriamente compromesse.

Fare formazione nel modo in cui si tende a farla oggi mi sembra il sistema migliore per squalificare questo utile strumento: dire “vi stimo molto” non basta.

2 commenti:

Max ha detto...

sì potrebbe quasi pensare ad un "contratto sociale" sulla formazione (chiedo venia all'inventore del concetto, ben più alto rispetto al mio uso in questo contesto); ovvero un'azienda investe in formazione, anche se sa che molti dipendenti non ci saranno più fra 5 anni, perché si fida del fatto che i propri concorrenti faranno altrettanto, creando così un circolo virtuoso che va a vantaggio dei formati e dei formatori...

troppo virtuoso? beh, sì, forse quasi un'utopia

Beth (Elisabetta Comini) ha detto...

Ipotesi interessante...ci vorrebbe l'"apripista", l'azienda innovatrice che fa il primo passo...chissà...