giovedì 3 dicembre 2009

Il sapere può essere condiviso?

Tempo fa mi è successo di affrontare i temi del social networking, del web 2.0 e degli attuali strumenti di collaborazione online legati a quello che oggi viene definito il web partecipativo, con una mia cara amica, che da anni si occupa di ricerca scientifica nel settore della fisica e della geologia.

Il concetto di web partecipativo è ormai noto: un nuovo Internet nel quale gli uomini, da meri fruitori di contenuti diventano essi stessi fonte/aggregatori/distributori di contenuti, rendendo di fatto la rete una grande arena di confronto/discussione aperta a tutti.

Ebbene, di fronte al mio entusiasmo nel parlare di questi temi, la mia amica mi confidava che il web partecipativo di fatto costituisce già da diversi anni una realtà imprescindibile per il mondo scientifico.

Alla base di questo vi è l’assunto che il confronto, la discussione, la "peer review" (la revisione di quello che una persona scrive/dice da parte dei suoi pari) sono di fatto un elemento obbligato e vitale per il mondo scientifico, che Internet ha senza dubbio esteso e facilitato. Un articolo su una rivista prestigiosa non viene mai pubblicato prima che sia avvenuto questo processo di confronto e revisione da parte dei pari.

Questo fatto mi è tornato alla mente leggendo un recente articolo di Nova, supplemento tecnologico de IlSole24Ore, dall’affascinante titolo “Il sapere è condivisione”.

Ho ripensato a quanto, di fatto, anche per il mio lavoro stia diventando importante e soprattutto proficuo da un punto di vista di crescita professionale, poter leggere i blog di persone che seguono, per passione o per lavoro, i miei stessi argomenti e potermi confrontare con loro.

E pensando a tutto questo non ho potuto non fare un confronto con quanto avviene di norma nelle nostre aziende (non solo nell’ambito privato ma, spesso, anche nel pubblico). Sì perché qui la condivisione non sembra davvero essere riconosciuta come un valore. Perché?

Forse perché, modificando i termini del titolo che citavo prima, “il sapere è POTERE”…e in quanto tale NON deve essere condiviso (perché più è condiviso, più si “diluisce”).

Questo, penso sia uno degli ostacoli principali che blocca l’adozione e l’utilizzo concreti di strumenti di web partecipativo nell’ambito delle aziende, anche in quelle nelle quali la condivisione dei saperi/delle esperienze porterebbe ad innegabili vantaggi.

E così continuiamo a coltivare ciascuno i nostri privati orticelli, paghi di quel poco che riusciamo ad ottenere/conoscere, privando la società nella quale viviamo e, in primis, anche noi stessi, di quell’accrescimento che deriva dalla condivisione dei saperi.

Nessun commento: