giovedì 24 giugno 2010

Il fiorellino, il fascista e il comunista

Ogni volta che ci passo davanti ne trovo una nuova: accanto ai “Ti amo piccolina by Jim” o “Sei il mio fiorellino by Mary” trovo “Fasci m…”, “Comunisti al rogo” e così via. Sullo stesso muro dell’istituto per ragionieri e geometri.

E ogni volta mi chiedo: ma chi scrive queste cose? Senz’altro si tratta di scritte recenti, non certo risalenti agli anni di piombo. Dunque scritte di persone che verosimilmente appartengono alla generazione degli anni ‘80-‘90, quelli, per intenderci, che hanno vissuto la caduta del muro di Berlino, la fine delle ideologie e dei blocchi contrapposti, che hanno visto avvicendarsi in Europa e nel nostro paese forze politiche nuove, correnti nuove.

Che senso ha allora, oggi, utilizzare questi termini? La sensazione è che oggi vengano utilizzati come slogan, come facili scorciatoie a ragionamenti più complessi, alla disponibilità alla discussione, al confronto civile e democratico.

E ancora altre facili etichettature: un libro che parla dell’importanza delle donne nell’economia diventa subito un libro femminista, mentre un libro che parla dell’importanza della lobby ebraica nella politica estera statunitense è, per definizione, un libro antisemita. Insomma, troppo spesso una rigidità ideologica che impedisce di discutere, approfondire, capire.

E allora ecco le contrapposizioni estreme: tra quelli che ci credono fortissimamente, spesso "a prescindere", e quelli che semplicemente passano e non si curano più delle cose. E la via di mezzo, quella del “non diamo tutto per scontato, discutiamo, non fermiamoci agli slogan” è quella più difficile da perseguire.

1 commento:

lisa ha detto...

com è difficile parlare. qundo è più semplice non ascoltare, anzi acora peggio qundo l interlocutore cambia discorso, palesemente