mercoledì 9 giugno 2010

Quel tesoro nascosto tra mutande e calzini

Da una ricerca condotta nel Regno Unito, è stato stimato che nel 2009 circa 4.500 chiavette dati USB siano state smarrite nelle lavanderie a secco da clienti distratti che si sono dimenticati di svuotare le tasche dei propri vestiti.*

E il dato è stato ripreso da una nota società, che lo cita a riprova della necessità, per le aziende, di dotarsi di strumenti che limitino il rischio che dati sensibili possano essere così facilmente diffusi (o impedendo che tali dati vengano copiati dal PC aziendale sulla chiavetta USB o adottando sistemi di crittazione che li rendano inaccessibili a persone non autorizzate).

Insomma, un’ulteriore dimostrazione del fatto che i rischi più seri alla sicurezza dei dati detenuti dalle aziende non provengono dai tanto temuti hacker o virus, ma dalle stesse persone che ci lavorano (e che talvolta li sottraggono volontariamente o, che, talvolta, come nel caso delle chiavette abbandonate, li rendono accessibili a tutti per distrazione).

Questa lettura mi ha riportata indietro con la memoria a tristi sabati mattina passati nelle lavanderie pubbliche a gettoni (quelle che da noi sono frequentate soprattutto da stranieri e che invece, in altri paesi europei, sono comunemente utilizzate).

Funziona così: il povero cliente arriva con il suo sacco di indumenti da lavare ed il suo detersivo. Acquista il gettone dal gestore e poi attende il proprio turno, fissando il vorticoso e rumoroso ruotare degli enormi cestelli che sembrano dover esalare ad ogni istante l’ultimo respiro e che invece proseguono incessantemente la loro marcia fino a dei crescendo degni delle più grandi opere sinfoniche.

Finalmente il rombo ed il tonfo finale…la corsa è finita ed il turno è arrivato. Il povero cliente si guarda intorno attendendo che il proprietario degli indumenti si riappropri dei propri beni….nulla…passano i minuti e nessuno si fa avanti. Con la cura che avrebbe chi tocca materiale radioattivo, il povero cliente estrae il contenuto dal cestello – evitando il più possibile il contatto - e lo deposita sul bancone. Il bancone (che è quello sul quale si deposita tutto, dagli indumenti da lavare alle sacche sporche che li contengono) è ovviamente sporco e metà degli indumenti, durante l’operazione di "trasbordo", sono finiti per terra, circostanze che ovviamente comprometteranno l’attività di pulizia appena terminata (e ben sta al cliente che se ne è andato a fare una passeggiata, incurante del ciclo di lavaggio dei propri indumenti!).

Insomma una scena triste…che potrebbe diventare ancora più triste qualora un giorno, nei locali delle lavanderie, si aggirassero loschi individui giunti appositamente a rovistare tra quelle mutande e quei calzini lasciati sul bancone alla ricerca della preziosa chiavetta USB….Quale miglior monito per ricordarsi di svuotare bene le tasche prima di portare i propri vestiti in lavanderia?


*http://www.infosecurity-magazine.com/view/6633/data-hung-out-to-dry-as-4500-usb-sticks-left-in-dry-cleaners

2 commenti:

Lisa ha detto...

Un momento, manca la parte più interessante! Cosa succede quando arriva il proprietario degli indumenti lavati messi sul bancone?
a) si profonde in scuse per il ritardo e, anzi, ringrazia il povero cliente per aver estratto i panni al posto suo
b) si arrabbia e acidamente sbotta "Ecchecavolo, un po' di pazienza, ma che modi sono di buttare la roba"
c) bofonchia qualcosa di incomprensibile (un saluto? una polemica? altro?), raccatta la sua roba e se ne va

Beth (Elisabetta Comini) ha detto...

Direi la c). Di norma non ha il coraggio di arrabbiarsi (perché in fondo in fondo pure lui ha una coscienza - seppure nascosta in angoli remoti -). E comunque , se lo facesse, rischierebbe di beccarsi pure gli insulti, quindi il silenzio in questi casi è d'oro.