domenica 25 ottobre 2009

Cercasi soluzione

Mi chiedevo una cosa.
Un lavoratore statale ha diritto, per i primi tre anni di vita del proprio figlio, a usufruire del congedo per malattia del bambino. Si tratta di trenta giorni all'anno retribuiti al 100% e, dal trentunesimo, un numero illimitato di giorni a stipendio zero. Bene, ottimo mi sembra!
Ora, dal terzo all'ottavo anno di vita del bambino i giorni diventano, sapete quanti? CINQUE! Cioè si hanno a disposizione numero cinque giorni all'anno per assentarsi causa malattia del figlio. Ora, che cosa fanno normalmente i bambini a tre anni? Iniziano la Scuola dell'Infanzia e non occorre essere pediatri per prevedere che cinque giorni di malattia all'anno siano un po' pochini. Diciamo che in linea di massima in cinque giorni si cura un'influenza. Allora che fare se il nostro bambino di tre anni si ammala un'altra volta? Lo lasciamo a casa da solo, raccomandandogli di leggersi bene il foglietto illustrativo prima di assumere medicine? Lo mandiamo all'asilo malato? Lo portiamo al lavoro con noi? Ci diamo malati noi? Io non vedo soluzioni umanamente o legalmente accettabili.
E' chiaro che il legislatore non aveva figli, o i suoi erano piccoli titani!

6 commenti:

Ele ha detto...

Interessante discussone Lisa.
Vi porto a confronto cosa accade nel settore privato (ccnl commercio): al rientro dalla maternità facoltativa (stipendio al 30%), la mamma ha diritto a 2 ore di allattamento al giorno fino all'anno di vita del bambino. Fino ai tre anni di vita, sono concessi giorni non retribuiti illimitati per malattia del figlio (non esistono i 30 giorni a stipendio pieno), poi sono previsti 5 giorni non retribuiti all'anno, anche nel privato, fino al compimento degli 8 anni del bimbo.
Vero, in 5 giorni non si cura nient'altro che un'influenza, ma nulla vieta alla mamma di prendere ferie o permessi non retribuiti di altro genere.
La sola differenza sta nel fatto che i giorni previsti da contratto per la malattia del figlio l'azienda deve concederli per forza, ferie o permessi non retribuiti (di altra natura) no.
Non dico che sia giusto, ma mi pongo anche dalla parte dell'azienda (per lavoro mi viene normale) e penso alle tante mamme con 2 figli che ogni settimana mi dicono che hanno un figlio malato: capisco i problemi organizzativi delle mamme, ma come potrebbe il datore di lavoro organizzare l'attività lavorativa se ogni settimana la mamma fosse a casa per malattia del figlio? Chi svolgerebbe il suo lavoro? Altri colleghi? E i diritti di questi colleghi chi li tutela?
Sono provocazioni, mi rendo conto...a voi la palla ora!

Lisa ha detto...

Anche questo è vero. Una mia amica con due figli piccoli ha risolto così: ha assunto una signora per fare ogni giorno le faccende di casa, che tiene anche i bambini quando sono malati. Soluzione invidiabile, ma praticabile da pochi danarosi, temo. Io penso che le mamme dovrebbero essere messe in condizione non tanto di stare a casa, ma di andare a lavorare. Ho letto che in altri paesi gli incentivi economici alla maternità sono piuttosto consistenti. Ecco, con più soldi, forse le mamme si organizzerebbero meglio!

Beth (Elisabetta Comini) ha detto...

Vero, la discussione è interessante e allo stesso tempo complessa. E' evidente che il sempre maggiore coinvolgimento della donna nel lavoro ha sconvolto gli equilibri familiari (ivi compreso l'aspetto della cura dei figli). E, come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre occasioni, lo Stato e la società (incluse le imprese) si sono rivelati in difficoltà nel gestire il cambiamento (pensiamo alla scarsa diffusione di forme flessibili di lavoro...). Quale la soluzione? Io avrei una proposta: perché non pensare a società (private ma in parte co-finanziate dallo stato) dedicate alla fornitura di personale formato all'assistenza ai bambini e agli anziani, alle quali ricorrere in caso di necessità (es: malattia, ecc.)? Potrebbero rappresentare una soluzione più flessibile ed efficiente della signora citata nel post di Lisa (e tra l'altro potrebbero consentire di far emergere molte situazioni di lavoro "in nero" nelle quali si trovano coloro che forniscono tali servizi). E' vero, affidare un bambino ad un estraneo che ci viene proposto da una società rappresenta una situazione delicata: ma è anche vero che tranne casi particolari, questo rappresenta la norma: affidiamo i nostri figli a persone che in fondo non conosciamo molto bene. Una struttura con personale qualificato, monitorato (e valutato) non potrebbe contribuire a rendere più facile il conciliare vita familiare e lavoro?

Ele ha detto...

A questo proposito, Beth, Manpower (società di lavoro somministrato, ex interinale) tempo fa stava mettendo in piedi un'iniziativa interessante: una card per i privati.
In questa card prepagata vengono caricate un tot numero di ore di lavoro, da usufruire per servizi di emergenza (tata, idraulico, elettricista, assistenza anzieni ecc).
La fase di test ha interessato Roma e Milano. In pratica, se una persona necessita di un intervento di emergenza, chiama il call center di Manpower, che provvede ad inviare immediatamente personale qualificato (anche grazie a corsi di formazione) e selezionato da dei selezionatori esperti. L'iniziativa mi sembra ottima: non so però che sviluppi ha avuto negli ultimi mesi. Provate ad interessarvi, magari è attiva anche da voi!

Lisa ha detto...

Wow ragazze! Ne sapete una più del diavolo ;)

Beth (Elisabetta Comini) ha detto...

@ele: non ero a conoscenza dell'iniziativa. Mi hanno "rubato" l'idea!