giovedì 29 aprile 2010

Roma A/R

Sono scene di “Love actually” e di “The Terminal” quelle che mi scorrono nella mente ogni volta che mi trovo all’aeroporto.
In “Love actually” sono le sequenze nelle quali genitori e figli, mariti e mogli o semplici amici si riabbracciano all’uscita dei gate. In “The terminal” sono le sequenze nelle quali il protagonista si trova a diventare, suo malgrado, uno dei personaggi che popolano quel microcosmo che è l’aeroporto.

Il personale di assistenza a terra, le commesse dei negozi, gli addetti alla sorveglianza e gli addetti alle pulizie, i conducenti dei pulman che trasportano i viaggiatori all’aereo o i bagagli da imbarcare e poi ovviamente i piloti e gli assistenti di volo con le loro divise e i loro bagagli a mano che a piccoli gruppi percorrono i lunghi corridoi con il passo sicuro di chi conosce tutti i segreti di questo microcosmo.

E poi ovviamente la popolazione variegata dei viaggiatori: i viaggiatori di piacere con carrelli carichi di un numero eccessivo di valigie e di sacchetti del duty free, uomini d’affari con PC portatile al seguito che gesticolano animatamente mentre parlano con il loro Blackberry e i bimbi che viaggiano soli, con i loro badge di riconoscimento al collo, scortati dalla hostess di turno.

Ogni destinazione ha i suoi viaggiatori: sul volo per Milano l’età media dei colletti bianchi è di 45 anni. Su quello per Torino è invece di circa 65 anni...segno, anche questo, di una regione la cui economia da troppi anni ha perso dinamismo.

Alla fine questo è tutto ciò che vedo di Roma. Questo microcosmo e il vento che muove le fronde dei pini marittimi in lontananza.

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