martedì 23 marzo 2010

Se i quotidiani piangono…i new media non ridono

Lo zio Livio, giornalista in pensione, che legge due quotidiani al giorno, a momenti cadeva dalla poltrona quando gli dissi, qualche tempo fa, che i giornali, come li conosciamo oggi, potrebbero scomparire in un futuro non troppo lontano. “E dove leggeremo le notizie?”, mi chiese angosciato.

Il tema è da tempo dibattuto negli USA, mentre da noi è oggetto di attenzionedi una limitata schiera di addetti ai lavori.
Alcuni spunti da un recente studio pubblicato negli USA (The State of the News Media,
http://www.stateofthemedia.org/2010/, sulla situazione dei media negli USA e dal quale provengono tutti i dati numerici citati):
  • La situazione della maggior parte dei quotidiani è drammatica: vendite in calo, ricavi pubblicitari in calo, ricavi pubblicitari online che non sono sufficienti a sostenere (e non potranno esserlo neanche nel futuro) la produzione delle notizie online
  • Il fenomeno del "citizen journalism" (es: il semplice cittadino che pubblica su Internet una manifestazione di protesta in un paese nel quale la censura non permetterebbe la pubblicazione di tali immagini sui media tradizionali) cresce, ma non sarà in grado, per via delle limitate risorse, di soppiantare il lavoro dei media tradizionali (in termini di quantità di notizie, copertura, qualità, ecc.)
  • I social media (Facebook, ecc.) e i blog fungono da efficace veicolo di diffusione delle notizie e soprattutto di dibattito. Tuttavia, negli USA, l’80% dei link presenti nei blog e nei siti di social media rimanda a media tradizionali, che dunque, di fatto, costituiscono la base di partenza delle discussioni e dei dibattiti
  • Tra i siti di notizie che attraggono il maggior numero di visitatori (199 siti web di notizie con almeno 500.000 visitatori unici/mese) il 67% è legato ai media tradizionali (quotidiani e altri media tradizionali). La realizzazione dei siti online e la produzione delle notizie online dipende in larga parte dai ricavi che i quotidiani e gli altri media realizzano sulle piattaforme tradizionali (vendita di giornali per i quotidiani, televisione per gli altri media ecc.) …ricavi che stanno diminuendo, con il risultato di tagli consistenti alle redazioni online (con conseguenze in termini di qualità dei servizi, copertura, ecc.).
  • Negli USA, la destinazione preferita degli utenti per la consultazione delle news online è costituita dagli aggregatori (tra gli utenti che consultano siti di notizie online negli USA, il 56% degli utenti utilizza come fonte di informazione portali/aggregatori come GoogleNews). Gli aggregatori, lo ricordiamo, non producono direttamente notizie, ma sviluppano gli algoritmi e le tecnologie che consentono all’utente di reperire le notizie che gli interessano e ad oggi i ricavi di tali aggregatori non vengono condivisi con i giornali dai quali le notizie sono originate. Il 46% degli utenti che consultano siti di notizie online negli USA sceglie invece come fonte i siti web delle emittenti televisive (es: CNN, Fox, ecc.). A seguire, con percentuali minori, le altre fonti di informazioni online.
  • All’interno delle redazioni (sia online che offline) dei quotidiani, il costo di produzione delle notizie in senso stretto è di norma sovvenzionato dai ricavi provenienti da altre sezioni del quotidiano (quelle che possono contare sui contributi della pubblicità). L’utente online tende a leggere singole storie online (mentre nel giornale "comprava" tutto). In questo contesto, in termini puramente economici, per un quotidiano, coprire determinati argomenti (magari proprio quelli con una valenza sociale maggiore), può non essere conveniente
  • La tecnologia, che accelera la richiesta di informazioni in tempo reale, induce a ridurre gli sforzi di analisi, a vantaggio della velocità di disseminazione dell’informazione. Questo comporta il rischio che il giornalista che deve trasmettere il più velocemente possibile le notizie, si limiti di fatto a recepire quello che gli viene trasmesso in comunicati stampa ufficiali, senza ulteriori analisi, commenti, verifiche (a scapito della qualità dell’informazione e a vantaggio di quelle organizzazioni che possono vantare una maggiore forza di comunicazione).

Che fare? Le possibili soluzioni sembrano essere: revisione del modello economico/introduzione di modelli di pagamento delle notizie online (o almeno di parte di esse); revisione dei rapporti tra giornalismo tradizionale e social media; profonda trasformazione della struttura dei giornali; diverso utilizzo degli strumenti di profilazione degli utenti online da parte dei giornali, nuove e più avanzate forme di advertising online.

L’importante è fare in fretta, perché, come dimostrano i numeri dello studio americano, la profonda crisi dei quotidiani si ripercuote anche sulle opportunità di crescita di un nuovo modo di fare informazione online (che comprende fenomeni recenti come il giornalismo partecipativo, i blog, i social network). Con il risultato che quella che da alcuni viene vista semplicemente come una guerra tra old media e new media rischia di risolversi, nella realtà, in una sconfitta per tutti.

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