sabato 25 aprile 2009

L'utente elettrone

Di fronte ad un kebab e ad un piatto di patatine, ieri un collega mi chiedeva le mie impressioni sulla nuova stazione di Milano.

“E’ una stazione concepita da chi non deve andare a prendere un treno”, ha prontamente risposto un altro collega (viaggiatore). Osservazione che condivido al 100%: scale mobili scarse e posizionate male, tabelle con gli orari praticamente invisibili, segnaletica lacunosa e così via.

Situazione, questa, non certo poco comune: treni concepiti da persone che non hanno mai viaggiato su un treno, programmi scolastici partoriti da menti che evidentemente non hanno ben chiara la situazione delle nostre scuole, ecc. E anche il settore privato non è estraneo a questo malcostume: alcune offerte recenti di una nota società telefonica sono un vero rompicapo (ma lo slogan non era “Tutto intorno a te”?). Per non parlare poi di quei servizi che vanno sotto il nome di “customer care”…(che, sempre in inglese, potremmo facilmente ribattezzare “customer despair”).

La realtà è che l’utente (ovvero chi dovrebbe UTILIZZARE il servizio) non è proprio al centro di nulla. E' piuttosto come quell’elettrone che gira intorno al nucleo…gira, gira gira…

2 commenti:

Max ha detto...

sul customer service = self-service = no-service si potrebbe scrivere un'enciclopedia

io trovo che la nuova stazione centrale di Milano non sia malaccio in termini di idea architettonica, probabilmente qualcuno pensava di tramutarla in un qualcosa di simile ad un terminal aeroportuale, ma si è dimenicato di mettere i negozi e i punti per attesa/lettura e ristorazione; infatti la parte nuova e luccicante è solo una serie di muri bianchi, senza alcuna interfaccia con il cliente-viaggiatore; mentre la parte vecchia è ancora un cantiere, o più semplicemente lercia come prima

pessimi, concordo, i tabelloni, quelli vecchi erano chiarissimi e il rumore delle lettere che cambiavano (tlac, tlac, tlac, tlac, tlac) ti avvertiva che il tuo binario finalmente veniva comunicato... a due minuti dalla partenza; adesso i viaggiatori sono costretti a stare con la testa in su, rischiando il torcicollo, oppure a girare con lente d'ingrandimento e binocolo

recentemente sono stato per lavoro alla Union Station di Los Angeles, dove hanno riutilizzato il vecchio edificio mantenendo l'architettura originale che richiama vagamente, ma in modo piacevole, una casa colonica messicana... o almeno quella che ci propinavano nei film western; e all'interno nelle corti e nella hall principale hanno ricavato pochi e puliti punti di ristoro con sedie e tavolini tipici del patio che gli americani amano tanto... e il cibo non era neanche tanto male: sandwich vegetariano con melanzane e insalatina mista condita con olio e limone

Beth (Elisabetta Comini) ha detto...

Caro Max, welcome home, potremmo dire! Altro che patio e spazi per il riposo, un panino, ecc. Come hai notato giustamente tu, mancano del tutto spazi per l'attesa e la ristorazione che, per una stazione che vuole essere di transito per un pubblico nazionale ed internazionale sono una mancanza non da poco. Sinceramente non so quale sia l'idea architettonica dietro al progetto...ma mi sembra che una stazione dovrebbe in primis essere concepita "intorno" all'utente viaggiatore. Mi sembra che in questo caso non siano riusciti a soddisfare né questa esigenza primaria, né quella "artistica" (peraltro più difficile da misurare in quanto soggettiva)...