giovedì 27 novembre 2008

Filosofi come pagnotte?

Qualche tempo fa, nel corso di una rassegna stampa alla televisione, ho intravisto (era il periodo nel quale si parlava del Decreto Gelmini) un titolo provocatorio sull'Università italiana che (vado a memoria) terminava con "...e invece noi continuiamo a sfornare filosofi". Già dall'utilizzo del verbo emerge il pensiero di chi lo ha concepito..."sfornare" filosofi è evidentemente meno nobile che sfornare ingegneri, economisti, ecc. (ma penso che in questi casi gli autori non avrebbero utilizzato il verbo "sfornare"...) Alcune mie considerazioni: 1) Penso che sia stupido e poco utile contrapporre le facoltà tra di loro come se alcune fossero più "pregiate" di altre: penso che contino piuttosto la qualità dell'offerta universitaria da un lato e dall'altro l'impegno (che si traduce in tempistica nel conseguimento della laurea, votazione, ecc.) di chi frequenta un corso di laurea; 2) In termini di lavoro, non penso che in Italia ci sia necessità soltanto di laureati in ingegneria ed economia, anche se, a leggere quotidianamente gli annunci di lavoro, sembrerebbe proprio così; 3) E' senza dubbio vero che in Italia è avvenuta storicamente una sopravvalutazione dell'importanza delle materie umanistiche ("tutti avvocati, notai, ecc.") a discapito della preparazione scientifica, che si è tradotta in un livello di preparazione (in matematica, fisica, ecc.) più basso degli altri paesi (per non parlare della conoscenza delle lingue straniere...aspetto sul quale ora non mi soffermo ); 4) è desolante vedere che quando si parla di scuola in Italia si affronta il problema in termini ideologici piuttosto che costruttivi (Che fare per migliorare il sistema?). Allora mi chiedo: 1) Non sarebbe più utile riflettere su come avvicinare lo studente (di qualsiasi facoltà) al lavoro (in termini di materie insegnate, di metodologia nell'affrontare i problemi....?); 2) Cosa si può fare perché le aziende investano davvero nella formazione (e riqualificazione, se necessaria)? E perché la formazione viene nella maggior parte dei casi vista come uno spreco di tempo e di energie? Vorrei sentire più spesso anche in Italia le parole che mi disse tempo fa in Inghilterra la responsabile di una importante società di revisione contabile: " Per noi contano le persone, non le facoltà (e, vi assicuro, non si trattava di uno slogan...!)". Sarebbe necessario anche in Italia pensare di meno alle facoltà e pensare maggiormente alle persone!

3 commenti:

Max ha detto...

Purtroppo il discorso si potrebbe estendere alle scuole. Mi pare che ci sia sempre più la tendenza a spezzettare la scuola secondaria in mille indirizzi vieppiù tecnici, basandosi sull'assunto che questo "sfornerà" diciottenni già pronti al mondo del lavoro. Mi spiace deludere i fautori di questa linea di pensiero, ma meno persone saranno abituate a capire Aristotele, Nietzsche e Bertrand Russell, minori saranno le probabilità che in Italia si trovi il nuovo genio della fisica dei quanti.

Beth (Elisabetta Comini) ha detto...

Caro Max, io non avrei nulla contro la "spezzettazione" della scuola se questa veramente preparasse al lavoro quei giovani che per vari motivi non hanno voglia/la possibiltà di preseguire gli studi. La mia domanda è dunque: Ma queste scuole preparano davvero al lavoro? Se è così, perché oggi trovare un operaio specializzato è così difficile? (A Brescia gli avvisi per tornitori esperti sono i più diffusi...). Non sarà che anche queste scuole sono troppo "teoriche"? Penso che si debba sfatare una volta per tutte il mito de "il lavoro che sporca è meno nobile del lavoro intellettuale"...tutti i lavori sono nobili, se fatti con onestà (e da questo punto di vista, molti manager di azienda sono molto poco nobili!!!). Sul valore della filosofia concordo perfettamente con te: ma penso che il nostro pensiero non sia condiviso dal "mondo del lavoro"...purtroppo...

Lisa ha detto...

Non credo che l'università potrà mai preparare al mondo del lavoro finché sarà costituita in massima parte da persone che quel mondo non l'hanno mai conosciuto. Certo, il rigore e il metodo accademico sono fondamentali, ma sarebbe utile anche una collaborazione con gli ordini professionali, per dare ai giovani un quadro più completo e realistico della situazione.
Per quanto riguarda la scuola, faccio outing....sono un'insegnante!
Sempre più spesso le famiglie tendono a delegare il compito educativo. Esempi banali? Non urlare, non interrompere chi sta parlando, non tirare gli oggetti, rispettare persone e cose, non buttare le carte per terra, ecc. Queste cose a mio parere deve insegnarle la famiglia. E invece i nosri studenti (e parlo di scuola superiore, non di asilo!) arrivano ignari delle più elementari regole del vivere civile e, di conseguenza, hanno grossi problemi di socializzazione. La maggior parte del tempo viene così spesa per sedare liti, eliminare ipod e cellulari, conrollare quanti hanno portato libri e quaderni e solo dopo ci si può occupare di metodi e contenuti. In queste condizioni la scuola secondaria non può certo preparare né all'università, né tantomeno al lavoro.
E non solo Aristotele, ma tutto ciò che implica riflessione e soprattutto metariflessione costituisce un miraggio.
Chiudo con una chicca fresca di giornata, che si ricollega al post sui reality. Studentessa estrae il cellulare "Scusi prof. è mia mamma, ah, sì, mi ha mandato un messaggio per dirmi chi ha vinto ieri La Talpa!"