domenica 1 marzo 2009

"Rare"? Ma "rare" secondo chi?

Curioso il destino dell’aggettivo “raro”. Spesso associato a qualcosa di prezioso (oggetto raro, una perla rara, ecc.), il suo significato cambia radicalmente quando viene associato alla malattia.

“Malattie rare” infatti non ha nulla di prezioso: serve per designare le malattie (ce ne sono circa 7.000-8.000 soprattutto di origine genetica) che, secondo la definizione ufficiale, colpiscono “non più di 5 persone ogni 10.000 abitanti” (tra queste molti i bambini). In Italia circa 2 milioni di persone ne soffrono (dunque in media, alcune centinaia di persone colpite, per ogni malattia "rara"), oltre 25-30 milioni in tutta Europa.

Max, che mi ha segnalato la questione, si chiede: “Rare per chi?”…e suggerisce una riflessione: “l'unica conclusione a cui sono giunto è che a decidere della rarità sono le case farmaceutiche, che non vogliono rischiare 10-15 anni di ricerche di mercato per una cura che sarà acquistata da 400 persone in Italia, meglio spendere soldi per scoprire il nuovo Aulin che non cura nulla, ma ha un mercato potenziale ben più ampio”.

La questione posta da Max è centrale: infatti, nel caso delle malattie rare si è coniata l’espressione “farmaco orfano” proprio per designare quel prodotto che è utile per trattare una malattia rara, ma che non ha un mercato sufficiente (a causa dell’elevato numero delle malattie e del limitato numero di pazienti) che consenta di ripagare le spese del suo sviluppo.

L’Unione europea, anche se con molto ritardo (nel 2000), è intervenuta, stabilendo una serie di norme ed incentivi che dovrebbero favorire lo sviluppo di questi farmaci e la loro commercializzazione. Molte sono poi le associazioni onlus attive nel settore, spesso familiari di persone colpite dalla malattia.

Da profana e da non esperta del settore non so se le norme attuali siano sufficienti: in ogni caso mi sembra che l’intervento dello Stato (o meglio degli Stati, visto che questo è un problema che beneficia molto delle sinergie derivanti da un impegno comune) sia imprescindibile, in nome del diritto di TUTTI i cittadini alla salute e a ricevere cure adeguate, anche nel caso di malattie “rare”…

In questo senso, una delle grandi sfide all'orizzonte sembra essere quella di togliere quell’aggettivo scomodo (“rare”) e fare in modo che queste malattie siano trattate per quello che sono: malattie e basta.

L’altra sfida, che emerge con forza dalle testimonianze raccolte nella newsletter del sito
http://www.iss.it/cnmr/index.php?lang=1 è quella del diritto all’inserimento nella società, alla partecipazione attiva alla vita economica, sociale e culturale del paese da parte delle persone affette da queste malattie. Che poi, forse, è una sfida ancora più ardua della prima…

P.S.:
http://www.iss.it/cnmr/news/cont.php?id=1101&lang=1&tipo=3 è un appello promosso dall'Istituto Superiore di Sanità e rivolto a tutti i cittadini allo scopo di “far luce su queste storie di invisibilità”.

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