domenica 14 dicembre 2008

Tempi moderni

Cito testualmente da un libello del lontano 1993, allegato ad una rivista femminile, dal titolo "Si fa, non si fa - Il nuovo galateo" di B. Ronchi della Rocca.

Il primo capitolo "al telefono", dà alcuni consigli tra i quali il seguente "Chi chiama: dice subito il proprio nome e poi con chi desidera parlare; [...]". L'altro giorno squilla il telefono di casa. Rispondo e l'interlocutore mi chiede in tono imperioso chi sono. Rispondo gentilmente "Mah, magari mi dice prima lei chi è?" Lo sconosciuto incalza "Ho trovato una chiamata da questo numero!" Deduco che qualche altro abitante della casa doveva aver chiamato il troglodita al cellulare e smisto la telefonata. Altra considerazione: perché chi ha il tuo numero di cellulare, se prova a chiamarti e lo trova spento o tu non rispondi, te lo deve poi rinfacciare con lamentele del tipo "Hai sempre il cellulare spento!"? Forse il fatto di avere il mio numero ti dà un qualche diritto su di me? Trovo che l'avvento dei cellulari ci abbia dato sì i benefici di una comunicazione comoda e rapida, ma penso che ci stia rendendo tutti un po' più aridi. Trovo molto tristi le offerte natalizie delle compagnie telefoniche di migliaia di messaggi al giorno. Orribile pensare di passare il periodo di Natale a mandare messaggi!

2 commenti:

Beth (Elisabetta Comini) ha detto...

Cara Lisa, dovresti saperlo: il Galateo del telefono è ormai un libro fuori stampa. 1993? Ma figuriamoci...ora tutto è cambiato!Una volta ("ai nostri tempi...!") se la chiamata diretta a te veniva intercettata dai genitori era la fine: la poveretta/il poveretto di turno veniva sottoposto ad un interrogatorio del tipo Commissario Derrik. Se il poveretto riusciva a passare il controllo e arrivare a te succedeva questo: 1) lei o lui sperava in cuor suo di non incappare più in una simile tortura; 2) tu ti auguravi, una volta messa giù la cornetta, di non dover subire a tua volta l'interrogatorio dei tuoi sul contenuto della chiamata; 3) i tuoi non vedevano l'ora che tu lasciassi il telefono libero...e se le chiamata durava più dello stretto necessario ecco in lontananza provenire mugugni che per l'interlocutore erano un vero e proprio avvertimento...Il cellulare ha cambiato profondamente i nostri usi e costumi: non ci resta che sperare di trovare aldilà del telefono qualche persona normale che si ricordi ancora le regole della buona educazione. Per ogni evenienza suggerisco comunque di memorizzare sul numero di casa questo messaggio (mutuato dai cartelli gialli appesi sui muri di cinta delle caserme): "Altolà, vigilanza armata, farsi riconoscere...!"

Lisa ha detto...

Cara Beth, è proprio questo il problema. "Il cellulare ha cambiato profondamente i nostri usi e costumi..." Una MACCHINA che serve per comunicare cambia in peggio il nostro modo di porci nei confronti del prossimo. Perché qui non si tratta di "...regole della buona educazione...", ma dell'abc del vivere civile! Per questo citavo una frivola pubblicazione del '93, perché certe regole sono o dovrebbero essere radicate in ognuno di noi, come non mettersi le dita nel naso per intenderci. Penso che tutta questa facilità di comunicazione ci stia rendendo più poveri interiormente e siamo talmente presi dalla fretta di comunicare che non ci fermiamo nenache pochi secondi per pensare a come porsi verso chi risponderà al telefono. La scenetta dei genitori che citavi all'inizio è datata certo, ma tu pensa allo sforzo che dovevamo fare allora quando, prima di comporre il numero, ci ponevamo il problema "E se risponde la madre? Cosa devo dire?" Tutto questo sta sparendo. Si digita il numero, si dà per scontato che chi risponde ha il nostro numero memorizzato e si va al sodo, perché ognuno di noi è convinto che sia "tutto intorno a te" (citazione coltissima lo so!), ma il prossimo? E' un termine desueto anche questo?